Un’economia non più fondata sull’aumento delle esportazioni, bensì sulle valute digitali e la fin-tech, che potrebbero così sostituire il commercio estero come nuovo motore dell'economia giapponese.
Nel paese nipponico, dove circa il 30% della popolazione adulta già utilizza un portafoglio di valute digitali, si potrebbe assistere a un boom della tecnologia blockchain. È uno degli effetti indiretti del rischio di una guerra commerciale innescata da Donald Trump. Ovvero studiare alternative ad un modello che è divenuto troppo instabile.
D’altronde gli indicatori macroeconomici del Giappone mostrano un calo della produzione industriale e un aumento dell’importanza delle criptovalute. Ciò suggerisce che l'economia dell'isola si sta gradualmente spostando, dopo decenni di bassa inflazione e tiepida crescita economica, dal modello di crescita basato sull’incremento del Pil guidato dall’export verso un percorso più sostenibile.
Secondo gli analisti, l’economia digitale potrebbe, inoltre, compensare i timori associati all'invecchiamento della popolazione, aumentando la produttività del lavoro e, persino, contribuire allo sviluppo delle energie rinnovabili dal momento che le criptovalute per funzionare consumano molta energia elettrica.
Ma c'è un altro punto che potrebbe rivelarsi decisivo. Sebbene il contesto macroeconomico non sia particolarmente favorevole, il tasso di disoccupazione è sceso il mese scorso al livello più basso da oltre 25 anni, appena il 2,2%. Ciò sembra indicare che la domanda dei consumatori potrebbe salire, il che potrebbe a sua volta tradursi un ulteriore stimolo verso l'adozione di tecnologie innovative.