Il Parlamento europeo ha dato l’ok allo stop alla vendita di auto a benzina, diesel e Gpl dal 2035, uno fra gli assi portanti del pacchetto Fit-for-55 della Commissione europea, ovvero il piano di riforme di Bruxelles per tagliare del 55% le emissioni di anidride carbonica e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Un emendamento del Partito popolare europeo, mirato a ridurre dal 100% al 90% il taglio delle emissioni inquinanti, è stato bocciato dall’assemblea. È passato invece il cosiddetto ‘salva Motor Valley’, una modifica per prolungare dal 2030 al 2036 la deroga alle regole dell’Ue sulle emissioni per i piccoli produttori di auto e furgoni (con volumi, rispettivamente, da 1000 a 10mila l’anno e da 1000 a 22mila).
Ma il sì allo stop alle auto è arrivato dopo una giornata tumultuosa, con frizioni nella cosiddetta ‘maggioranza Ursula’ composta da Socialisti, Popolari e Liberali.
Il Parlamento europeo, riunito in plenaria a Strasburgo, non ha adottato alcune proposte chiave per il pacchetto legislativo della Commissione, come la riforma del mercato degli Ets (Emission trading scheme, la cosiddetta ‘Borsa delle emissioni di gas serra’), l’introduzione della Carbon tax (Carbon Border Adjustment Mechanism, una proposta di tassazione sull’import europeo di prodotti ad alta intensità di carbonio) e il Social climate fund: un fondo sociale per i soggetti più vulnerabili alle nuove strette ambientali di Bruxelles.
Le tre misure sono state respinte, e rispedite alla commissione Ambiente, dopo che le forze conservatrici dell’Eurocamera erano riuscite a far passare degli emendamenti per ridurre o ritardare la stretta sulle emissioni.
Il casus belli è esploso con il no al rapporto sulla riforma del mercato Ue degli Ets, firmato dal popolare tedesco Peter Liese. Il Ppe, il principale gruppo del centrodestra al Parlamento, aveva promosso e sostenuto il via libera a una serie di emendamenti che avrebbero ridotto i tagli alle emissioni proposti dalla Commissione.
Il gruppo dei Socialisti&Democratici, dopo aver chiesto una sospensione di tre minuti, ha deciso di bocciare e rimandare - almeno - a settembre l’intero pacchetto, ritenendolo troppo indebolito rispetto ai piani originari della Commissione. Un destino analogo è toccato a Carbon tax e Social climate fund.