Il rischio di passare alla storia come il G20 conclusosi senza una dichiarazione finale congiunta è stato scongiurato. I leader hanno concordato un documento condiviso al vertice dei 20 a Delhi in cui, tuttavia, è sparito (rispetto a quanto messo nero su bianco lo scorso anno al vertice di Bali) ogni riferimento diretto alla Russia in relazione al conflitto con l’Ucraina.
La dichiarazione si limita a sottolineare che gli Stati devono “astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza per ottenere l’acquisizione territoriale” e che “l’uso o la minaccia di uso di armi nucleari è inammissibile”.
Tra le altre questioni affrontate nel documento ci sono la ratifica dell’adesione ufficiale dell’Unione Africana al G20, gli accordi sul finanziamento contro il cambiamento climatico, il debito globale, la riforma di istituzioni come la Banca Mondiale, e un nuovo “patto per lo sviluppo verde” tra gli Stati membri, oltre alla sottolineatura che “le crisi a cascata minacciano la crescita globale”.
Rispetto al climate change, i 20 Paesi si sono impegnati a triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale entro il 2030; nel documento, inoltre, emerge che i Paesi in via di sviluppo avranno bisogno di finanziamenti pari a 5,9 trilioni di dollari per raggiungere i loro obiettivi climatici.
Allo stesso tempo, nessun passo indietro sui combustibili fossili; d’altronde, nei 20 Paesi presenti al vertice sono presenti il 93 per cento delle centrali elettriche a carbone operative a livello mondiale. Sull’abbandono della fonte fossile più sporca è prevista solo una vaga “eliminazione graduale”.
Un passo degno di nota lo ha invece fatto, come detto, il Continente nero. Fino ad ora, a rappresentarlo tra i 20 Stati del G20, c’era solo il Sud Africa. Ora, con l’ingresso dell’Unione Africana - che annovera 55 Paesi membri anche se 6 sono stati al momento sospesi, può contare su un Pil complessivo di 3 trilioni di dollari, e su una popolazione di 1,4 miliardi di persone - il Sud del mondo comincerà a far sentire la propria voce?