L’immigrazione? È solo un fatto di percezione

Non ci sono prove scientifiche a sostegno dell’affermazione che la migrazione globale stia accelerando. I migranti internazionali rappresentano circa il 3 per cento della popolazione mondiale e questa percentuale è rimasta notevolmente stabile nell’ultimo mezzo secolo. E se proprio volessimo chiudere i rubinetti dell’immigrazione dovremmo fare di tutto per evitare che i paesi più poveri crescano economicamente

L’immigrazione? È solo un fatto di percezione

Ci sembra di vivere in un periodo di migrazione di massa senza precedenti che spinge un numero crescente di persone provenienti da Africa, Asia e America Latina a intraprendere viaggi disperati per raggiungere le coste del ricco Occidente. Quantomeno, così ci sembra.

Tutto ciò si declina nell’idea popolare di una “crisi migratoria”, che richiederà contromisure drastiche per evitare che in futuro arrivino ondate massicce di persone, apparentemente superiori alla capacità di assorbimento delle società e delle economie occidentali.

Ciò nonostante, non ci sono prove scientifiche a sostegno dell’affermazione che la migrazione globale stia accelerando. I migranti internazionali rappresentano circa il 3 per cento della popolazione mondiale e questa percentuale è rimasta notevolmente stabile nell’ultimo mezzo secolo.

Allo stesso modo, la migrazione dei rifugiati è molto più limitata di quanto la retorica politica e le immagini dei media suggeriscano. Circa il 10 per cento di tutti i migranti internazionali sono rifugiati, che rappresentano lo 0,3 per cento della popolazione mondiale.

Circa l’80-85 per cento dei rifugiati rimane nelle regioni di origine, e anche questa quota è rimasta piuttosto stabile negli ultimi decenni. E non ci sono prove che la migrazione illegale sia fuori controllo: in effetti, la grande maggioranza dei migranti che si spostano dal Sud al Nord del mondo continua a muoversi legalmente. Ad esempio, nove africani su 10 si spostano in Europa legalmente, con passaporti e documenti alla mano.

L’evidenza ribalta anche la concezione comune delle cause della migrazione. Diversamente da come molti immaginano, la migrazione in realtà aumenta quando i Paesi poveri diventano più ricchi. Questo perché l’incremento dei livelli di reddito e di istruzione, insieme al miglioramento delle infrastrutture, aumenta le capacità e le aspirazioni delle persone a migrare.

Invece dello stereotipo della “fuga disperata dalla miseria”, in realtà la migrazione è generalmente un investimento nel benessere a lungo termine delle famiglie e richiede risorse significative. La povertà in realtà priva le persone delle risorse necessarie per spostarsi su lunghe distanze, per non parlare dell'attraversamento dei continenti.

Il paradosso è che qualsiasi forma di sviluppo nei Paesi più poveri del mondo - come l’Africa sub-sahariana - rischia di aumentare il loro potenziale di emigrazione futura.

Tuttavia, nonostante le medie globali siano rimaste stabili, è difficile negare che l’immigrazione legale negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Europa occidentale sia cresciuta negli ultimi decenni, trainata da una crescente domanda di lavoro nei Paesi occidentali.

L’istruzione più diffusa, l’emancipazione femminile e l’invecchiamento della popolazione hanno portato a una carenza di manodopera, che ha alimentato una crescente domanda di lavoratori migranti in settori come l’agricoltura, l’edilizia, le pulizie, l’ospitalità, i trasporti e la trasformazione dei prodotti alimentari, dal momento che le scorte di lavoratori locali disposti e in grado di svolgere tali lavori sono andate esaurendosi. Senza questa strutturale carenza di manodopera, la maggior parte dei migranti non sarebbe arrivata.

Ma questo non è stato un processo naturale. È stato invece incoraggiato da decenni di politiche orientate alla liberalizzazione dell’economia e del mercato del lavoro, che hanno alimentato la crescita di lavori precari che i lavoratori locali non vogliono accettare.

Ecco perché non ha molto senso discutere di immigrazione tenendo il fenomeno separato dai temi riguardanti la disuguaglianza, il lavoro, e la giustizia sociale. Il triste teatrino offerto dalla politica è smascherato.

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