Il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità non sono solo minacce incombenti; sono già qui, esacerbando le disuguaglianze sociali, l’instabilità economica e il degrado ambientale sotto i nostri occhi.
Sebbene questi problemi ci riguardino tutti, sono causati in modo sproporzionato dai paesi più ricchi e colpiscono più duramente i paesi più poveri. I paesi del G20 sono responsabili di circa l’80% delle emissioni di gas serra attuali e passate e dovrebbero quindi (quantomeno su un piano aritmetico) essere responsabili di almeno l’80% dell’azione per il clima. I paesi hanno bisogno di un nuovo quadro globale, guidato da chiari obiettivi climatici, per governare le politiche industriali e finanziarie.
Dato il persistente fallimento nel mobilitare fondi per combattere le sfide legate al clima, parte di questo nuovo quadro deve essere un nuovo approccio alla finanza globale. Sbloccare le vaste risorse finanziarie necessarie per affrontare le crisi climatiche, della biodiversità e dell’acqua richiede un solido modello di investimento pubblico globale (GPI).
Dobbiamo iniziare a pensare alla cooperazione internazionale come a uno sforzo collettivo in cui tutti i paesi traggono beneficio, contribuiscono e prendono decisioni guidate da missioni condivise . Le missioni costruite attorno a obiettivi chiari e ambiziosi possono galvanizzare gli investimenti pubblici e privati e offrire una tabella di marcia per superare le barriere finanziarie che ci hanno frenato.
L’attuale architettura finanziaria non è all’altezza del compito di fornire i finanziamenti necessari per il clima e la biodiversità, che raggiungeranno una cifra stimata di 2,4 trilioni di dollari ogni anno entro il 2030. I paesi ricchi sono ripetutamente venuti meno ai loro impegni finanziari e la finanza climatica in generale è stata frammentaria, imprevedibile e dominata da investimenti privati a breve termine che danno priorità al profitto rispetto alla stabilità ambientale a lungo termine. Nel frattempo, i paesi in via di sviluppo hanno dovuto affrontare elevati costi di prestito e debiti crescenti, che rendono quasi impossibile investire nel proprio futuro.
Il risultato è un ciclo di inazione. Senza sufficienti finanziamenti pubblici, è difficile mobilitare investimenti privati per progetti trasformativi come la riforestazione di paesaggi degradati, la protezione delle barriere coralline o la costruzione di infrastrutture resilienti al clima. I paesi più ricchi continuano a tergiversare, spesso trattando la finanza climatica come un atto di beneficenza piuttosto che come un investimento necessario.
Un approccio basato su GPI e mission può cambiare questa dinamica. Le mission sono obiettivi ambiziosi, chiaramente articolati e vincolati nel tempo che mobilitano soluzioni intersettoriali a problemi specifici, enfatizzando i risultati. Sono ideali per affrontare sfide che non hanno necessariamente soluzioni tecnologiche predefinite o già note. Generare le soluzioni necessarie richiede un approccio bottom-up per esplorare molte opzioni e mobilitare innovazione, investimenti e partnership in tutta l’economia.
Le politiche orientate alla missione possono aiutarci a spostare l’attenzione e i finanziamenti da settori, tecnologie o aziende specifiche verso sfide condivise, come definite dal settore pubblico. In questo modo, tutti i settori e i tipi di aziende con potenziali soluzioni possono contribuire allo sforzo più ampio. Ad esempio, i decisori politici potrebbero lanciare una missione per ridurre l’inquinamento da plastica negli oceani del 90% entro il 2040; porre fine alla deforestazione in Amazzonia entro il 2030; o ripristinare almeno il 30% degli ecosistemi forestali e delle acque interne degradati entro il 2030.
L’idea è di stabilire obiettivi audaci e chiari che concentrino menti e risorse sulla risoluzione delle sfide più grandi del nostro tempo, piuttosto che su piccoli progetti frammentari. I governi non dovrebbero solo risolvere i fallimenti del mercato; dovrebbero plasmare attivamente i mercati e orientare gli investimenti verso aree che avvantaggiano la società e il pianeta. Ma poiché ciò non accadrà da solo, dobbiamo applicare una nuova inquadratura del “bene comune” ai dibattiti politici, in particolare nel contesto globale.
A tal fine, l’approccio GPI reinventa il modo in cui finanziamo le missioni pubbliche. Nel sistema odierno, la finanza internazionale è ampiamente guidata da un modello donatore-beneficiario. I paesi ricchi decidono quanti soldi donare e i paesi più poveri devono competere per questi fondi. È un sistema che rafforza gli squilibri di potere e rende più difficile per i paesi in via di sviluppo pianificare a lungo termine.
Il GPI capovolge questo modello. Non solo propone che tutti i paesi, indipendentemente dal livello di reddito, contribuiscano a beni pubblici globali come la stabilità climatica e la protezione della biodiversità. Fondamentalmente, coinvolge anche tutti i paesi nel processo decisionale su dove investire il denaro e come condividerlo, dando al Sud del mondo un potente potere decisionale nell’allocazione delle risorse.
Questo approccio si basa su tre principi. Primo, tutti i paesi trarranno beneficio da un clima stabile e da ecosistemi protetti. Secondo, tutti dovrebbero contribuire in base alla propria capacità, in modo che tutti abbiano una posta in gioco. Terzo, tutti dovrebbero decidere, in modo che non siano solo i più ricchi a controllare come vengono spesi i soldi.
Collegando gli approcci basati su GPI e mission, possiamo sbloccare i finanziamenti necessari per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità globale. Mentre una mission stabilisce un obiettivo ambizioso, come dimezzare le emissioni di anidride carbonica in dieci anni, il modello GPI fornisce il quadro finanziario, un sistema basato sulla responsabilità condivisa e sul beneficio reciproco, per realizzarlo.
Ciò di cui il mondo ha bisogno ora è un Piano Marshall per il pianeta: uno sforzo coordinato e internazionale per mobilitare i fondi, la conoscenza e la tecnologia necessari per affrontare le minacce esistenziali del nostro tempo.
Il mondo ha abbastanza soldi; ha solo bisogno di allinearsi meglio. Le sole banche pubbliche di sviluppo detengono 22,4 trilioni di dollari in asset in gestione. Se le banche multilaterali e nazionali di sviluppo collaborassero per raggiungere obiettivi condivisi, potrebbero fornire lo stimolo di cui abbiamo bisogno per mobilitare il capitale del settore privato su una scala molto più ampia.
Non si tratta solo di salvare il pianeta. Si tratta di creare un mondo più giusto e resiliente per tutti. Siamo tutti sulla stessa barca. È tempo di iniziare a comportarci di conseguenza.