“Ogni volta che cambia il governo c’è la tendenza in Italia alla distruzione di quello che ha fatto il governo precedente. E il trend di lungo termine è negativo. La regola è: facciamo riforme e sacrifici, rimettiamo a posto le finanze creando le condizioni per la fiducia interna e internazionale, e poi godiamoci i frutti di queste scelte, anche quelle dolorose. L'opinione (rilasciata in un'intervista a L'espresso) è dell'economista Daniel Gros, direttore del Centre for European Policy Studies di Bruxelles.
ECCEZIONE ITALIA
"Ma l’Italia rappresenta l’eccezione alla regola - dice Gros -. La Germania ha fatto i suoi sacrifici nei primi anni Duemila e da malato d’Europa ne è diventata l’economia-guida, ma anche nel piccolo Portogallo è stato lo stesso. Si creano insomma le condizioni per gli investimenti e lo sviluppo. Poi lo sviluppo arriva e si autoalimenta. Non c’è più bisogno di fare una manovra finanziaria più o meno lacrime e sangue ogni anno come in Italia, dove non si è mai arrivati a un completo risanamento economico”.
I NODI DELL'ITALIA
“I mali storici li conoscete, a partire dal fattore demografico, dalle incertezze soprattutto passate del sistema bancario, dalla caduta della produttività dovuta anche al fatto che buona parte del tessuto industriale è ancora costituito da piccole imprese - spiega Gros -. Ma il nodo centrale resta la finanza pubblica, soggetta a vincoli comunitari: a Bruxelles è diffuso un senso di scoramento sulla politica italiana. L’ultimo governo non ha fatto un passo in direzione di un controllo delle spese ma anzi ha aumentato il debito. Misure come lo sblocco della burocrazia o la sospirata spending review non sono state neanche proposte per far luogo a provvedimenti irrazionali, costosi e scoordinati. Il risultato è che si arriva alle verifiche autunnali in condizioni che più emergenziali non si può”.
IVA
Sulla questione forse più scottante, poi, Gros dice qualcosa di inaspettato. “Secondo me invece è meglio che aumenti. Sarebbe uno di quei sacrifici che, proiettati sul lungo periodo, darebbero buoni frutti - argomenta l'economista -. L’Italia, oltre a risanare i conti, deve concentrarsi sui suoi punti di forza. E il principale è sicuramente la capacità di esportare delle aziende manifatturiere che anzi può dispiegare un potenziale ancora grandissimo in settori prestigiosi e cruciali. E sulle esportazioni l’Iva non c’è, e quindi le aziende sarebbero motivate a spingere sull’export. Se si riuscisse a combinare questa valorizzazione con un taglio del cuneo fiscale, una dinamica salariale ragionevole e un recupero di produttività, si realizzerebbe la perfetta svalutazione fiscale. È un meccanismo che rende ulteriormente competitivo l’export italiano. E poi è l’unica svalutazione che ci è consentita: la Germania l’ha fatto, e ha avuto risultati eclatanti”.