Riforma dell’autonomia differenziata: ecco cosa cambia

Domande e risposte per capire il Ddl Calderoli. In molti campi lo Stato centrale potrebbe perdere quasi ogni ruolo

Riforma dell’autonomia differenziata: ecco cosa cambia

Il 23 gennaio è giunto il primo sì alla riforma dell’autonomia differenziata: il Senato ha approvato in prima lettura il Ddl Calderoli con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 30 astenuti. Il provvedimento passa all’esame della Camera per tentare un via libera definitivo prima delle elezioni europee. Almeno questo nelle intenzioni della Lega che vorrebbe giocare la carta devoluzione in campagna elettorale. 

Ecco i punti principali del ddl in 6 domande e risposte.

Che cos’è l’autonomia differenziata? È il riconoscimento da parte dello Stato alle Regioni a Statuto ordinario di autonomia legislativa su materie che oggi sono di competenza comune (viene definita concorrente). In tre casi passerebbero alle regioni anche materie di esclusiva competenza statale.

In quali materie le Regioni potranno aumentare le loro competenze? In molte materie, tra cui sanità, istruzione, università, ricerca, lavoro, previdenza, giustizia di pace, beni culturali, paesaggio, ambiente, governo del territorio, infrastrutture, protezione civile, demanio idrico e marittimo, commercio con l’estero, cooperative, energia, sostegno alle imprese, comunicazione digitale, enti locali, e rapporti con l’Unione europea.

Cosa cambierebbe? In tutte queste materie, lo Stato potrebbe perdere quasi ogni ruolo, demandando ogni potere alle Regioni. Si potrebbe giungere a regioni che assumono insegnanti, personale amministrativo della giustizia, gestiscono i musei, acquisiscono al demanio regionale strade, ferrovie, fiumi e litorale marittimo, decidono le procedure edilizie, stabiliscono i piani paesaggistici, governano il ciclo dei rifiuti, intervengono a sostegno delle imprese e della ricerca anche nelle relazioni internazionali e via dicendo.

Vuol dire che avremo 20 sistemi scolastici differenti? Il rischio c’è perché alle regioni verrebbe attribuita la potestà legislativa sull’intera materia: dalle norme generali all’assunzione di personale, dai criteri di valutazione ai programmi scolastici.

Cosa sono i Lep? Sono i “livelli essenziali di prestazioni” che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, già previsti esplicitamente dall’articolo 117 della Costituzione. In base a questo anche per quei servizi di competenza regionale, come la sanità e i trasporti pubblici, è lo Stato a dover decidere quali sono i livelli minimi che devono essere garantiti a tutti i cittadini. Il problema è che a parte la sanità, per gli altri settori i Lep non sono stati mai definiti così da creare divari sempre più ampi tra Nord e Sud. La riforma approvata ieri non prevede investimenti per colmare il gap ma è passata una proposta targata FdI che affida al governo il compito di varare entro due anni i Lep relativi ai diritti civili e sociali, “che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, stabilendo gli investimenti necessari alle regioni per adeguarsi agli standard.

È vero che l’autonomia differenziata finirà per garantire più risorse alle Regioni più ricche? Il ministro Calderoli da cui prende nome la legge dice che la riforma sarà “a costo zero”. In realtà, i futuri atti d’intesa tra Stato e singole Regioni apriranno per quelle più ricche la possibilità di trattenere il cosiddetto residuo fiscale, ossia la differenza tra quello che versano e quanto ricevono in termini di spesa pubblica. Secondo una simulazione dello Svimez, solo la quota di Irpef e Iva che potrebbe essere trattenuta da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna vale intorno i 9 miliardi di euro. Il rischio insomma è di favorire l’espandersi del divario tra Nord e Sud del Paese, che già oggi vede lo Stato spendere da Roma in su 17.621 euro per ogni cittadino, che diventano 13.613 per chi vive nel meridione.

Fonte
quotedbusiness.com è una testata indipendente nata nel 2018 che guarda in particolare all'economia internazionale. Ma la libera informazione ha un costo, che non è sostenibile esclusivamente grazie alla pubblicità. Se apprezzi i nostri contenuti, il tuo aiuto, anche piccolo e senza vincolo, contribuirà a garantire l'indipendenza di quotedbusiness.com e farà la differenza per un'informazione di qualità. 'qb' sei anche tu. Grazie per il supporto

Indicatori

Pil pro-capite

L’andamento del Pil pro-capite espresso in dollari statunitensi dal 1990 al 2023.

Scopri la sezione Indicatori

(opzionale)
Paesi
www.quotedbusiness.com