In un evento privato presso la sede di Maranello, Ferrari ha annunciato una nuova supercar open-top che offre prestazioni prossime alla Formula 1. Si chiamerà "Monza" e con i suoi 810 cavalli sarà la più potente di sempre nella storia del cavallino rampante.
Louis Camilleri, che è diventato amministratore delegato dopo la morte a luglio di Sergio Marchionne, ha dichiarato che entro il 2020 il 60% delle auto vendute monteranno motori ibridi, oltre ad aver pianificato il lancio di 15 nuove auto tra il 2019 e il 2022. Tra queste, seguendo le orme di concorrenti di lusso come Lamborghini e Aston Martin, ci saranno i primi veicoli sportivi (Suv) di Ferrari chiamati Purosangue.
E i numeri sembrano premiare la strategia della casa automobilistica italiana. Camilleri ha fissato l'obiettivo di raddoppiare i profitti a 2 miliardi di euro entro il 2022 e punta ad aumentare le vendite a 5 mld entro il 2022, rispetto ai 3,4 mld registrati nel 2017. Intanto sono migliorati alcuni target per il 2018: gli investimenti salgono da 550 a circa 650 milioni, il debito industriale netto scende da 400 a 350 milioni. Confermato l'ebitda uguale o superiore a 1,1 miliardi e oltre 9.000 consegne. Il dividendo in crescita arriverà al 30% dei profitti nel 2022 (oggi è al 25%) e prevede un buy back di 1,5 miliardi nei prossimi 4 anni.
La voce di quoted
Ferrari è ormai alla pari con i giganti del lusso di Parigi e Ginevra. Ma cosa hanno in comune oltre alla crescita delle vendite senza soluzione di continuità? Le performance di questi brand sono strettamente legate all’aumento della quota di super-ricchi determinato dalla globalizzazione. La popolazione mondiale dei cosiddetti “ultra high net-worth”, ovvero coloro che dispongono di asset da oltre 30 milioni di dollari, è aumentata del 12,9% nel 2017, arrivando in termini assoluti alla quota di 255.810 persone.