“Il diffondersi della crisi sanitaria in Cina e nell’estremo oriente dalla seconda metà di gennaio e successivamente nei paesi europei, proprio a partire dall’Italia, e infine negli Stati Uniti, ha imposto limiti alla circolazione delle merci e delle persone e alle attività produttive sempre più stringenti tali da determinare uno shock di dimensioni inimmaginabili all’economia internazionale”. Lo rileva l’Istat, parlando di un contesto di incertezza che “non ha precedenti nel dopoguerra”.
Le imprese, classificate in base all'attività prevalente, attive nei settori le cui attività non vengono sospese sono poco meno di 2,3 milioni di unità su 4,5 milioni (il 48,7% del totale), generano circa due terzi del valore aggiunto complessivo (circa 512 miliardi di euro) ed il 53,1% delle esportazioni totali.
Il numero di occupati nel nostro Paese è pari a 23 milioni 360 mila. Circa due terzi (il 66%) è occupato in uno dei settori di attività economica ancora attivi. Il restante 34% in uno dei settori dichiarati sospesi dal decreto (la classificazione tuttavia non distingue tra quanti possono lavorare in smart working).