Dal 2013 al 2023, i dipendenti delle 200 multinazionali più grandi al mondo sono aumentati del 7,8%; il fatturato è salito del 33%; i profitti del 47%. Sono numeri forniti da Fondo monetario internazionale e Fortune Global 500, e rielaborati dal Centro nuovo modello di sviluppo (Cnms).
Secondo il World Investment Report, curato dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, le multinazionali sono 320mila. E le loro filiali un milione e 116mila.
Cifre enormi, che permettono a questo tipo di società di controllare l’80% del commercio internazionale e costituire il 30% del Pil mondiale. Si consideri, ad esempio, che la somma dei fatturati delle prime 25 multinazionali al mondo è di poco inferiore al bilancio degli Stati Uniti.
L’Asia è il primo continente per presenza di multinazionali, con circa il 40% dei conglomerati che hanno sede nel continente. Segue l’America del Nord con il 34%, l’Europa con il 20%. E tutto il resto del Pianeta a spartirsi il 6% rimanente.
Il rapporto del Cnms da conto di come le multinazionali siano cambiate nell’ultimo decennio. Si registra ad esempio una crescita dei dipendenti meno marcata di quella relativa a fatturato e profitti. Le aziende preferiscono appaltare parte del lavoro a imprese non controllate, invece di gestire verticalmente tutta la filiera.
Sia nel 2013 sia nel 2023 la multinazionale prima per fatturato è la statunitense Wallmart, capofila della più grande rete di supermercati al mondo. Ma se dieci anni fa al secondo posto stava il gigante petrolifero anglo-olandese Shell, oggi la posizione è occupata da Amazon. Al terzo posto State Grid, la più grande società elettrica al mondo, di proprietà del governo cinese. Al quarto Saudi Aramco, multinazionale saudita oil&gas. Al quinto di nuovo la Cina e di nuovo il petrolio con Sinopec Group e China National Petroleum. Seguono poi Apple, United Health Group, Berkshire Hathaway, CVS Health.
E l’Italia? Nella lista delle prime cento multinazionali del mondo per fatturato figurano due italiane, appaiate: Enel al 97° posto e Eni al 98°. Con due dettagli: entrambe nel settore energetico ed entrambe controllate in maggioranza dallo Stato. Aspetti che assumono una rilevanza particolare se si considera che, delle prime 100 entità al mondo, solo 30 sono più o meno controllate dagli Stati. Le altre 70 sono aziende private.