Negli ultimi anni la narrazione mediatica è stata sempre la stessa: i giovani, fannulloni e divanisti, sono sempre meno propensi a lavorare. In realtà, una quota significativa di giovani ha deciso di trasferirsi all’estero alla ricerca di condizioni professionali ritenute più accettabili. E ad andarsene sono spesso i migliori.
Ma torniamo al discorso iniziale e concentriamo l’attenzione sugli stagionali. Nel caso specifico, sono ancora una volta i numeri dell’Inps a disegnare una realtà differente da quella che viene frequentemente raccontata. O, quantomeno, così sembra. Fra il 2018 e il 2022, in Italia il numero di contratti stagionali è sensibilmente cresciuto, passando da 654.498 a 1.018.089. E qual è la percentuale di giovani under 29 che negli ultimi anni ha svolto questo tipo di lavori? Il 37,7 per cento nel 2019; 35,8 nel 2020; 38,2 nel 2021; 38,6 nel 2022.
L’evidenza empirica è spiazzante (sebbene questi dati non smentiscano il fatto che i giovani, e non soltanto, sono mediamente meno propensi ad accettare lavori sottopagati), a tal punto che sembra quasi che il reddito di cittadinanza abbia favorito l’emersione del nero: si tratta di un aspetto talmente controcorrente che andrebbe indagato più a fondo. Ma di sicuro è possibile sostenere che è comunque tecnicamente difficile stabilire una correlazione positiva tra Rdc e lavoratori stagionali, visto che questi ultimi accedono alla Naspi, non al Rdc.
Cosa è la NASpI?
La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego è una indennità mensile di disoccupazione, istituita dall’articolo 1, decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati a decorrere dal primo maggio 2015. Sono necessarie almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.