Come va il mercato del lavoro italiano? Se si guarda all’andamento delle diverse misure della domanda di lavoro (occupati, ore lavorate) e alle caratteristiche dell’occupazione (incidenza di quelli a termine, del part-time, dinamiche territoriali), le cose non sono mai andate così bene.
Se si guarda invece all’andamento dei salari, le cose non sono mai andate così male. Difatti, se la bassa crescita salariale è un tratto che contraddistingue l’economia italiana da circa tre decenni, gli andamenti dell’ultimo periodo, dopo la crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina, sono stati particolarmente deludenti anche in una prospettiva storica, oltre che nel confronto con le altre maggiori economie.
Negli ultimi tre anni, in particolare, i contratti collettivi non sono riusciti a proteggere i salari reali dall’inflazione. Fra i settori le differenze sono ampie e solo in alcuni le componenti di secondo livello hanno compensato in parte le perdite di potere d’acquisto.
Tuttavia, alla luce di una certa attuale maggiore vivacità dei rinnovi contrattuali (ad esempio, va ricordato quello del commercio, che comporta un aumento della retribuzione annua contrattuale a tassi di quasi il 4 per cento annuo sino al 2027) e le più recenti previsioni d’inflazione che indicano aumenti dei prezzi contenuti, inferiori al 2 per cento all’anno, suggeriscono che la maggior parte dei settori nel quadriennio 2023-2027 registrerà aumenti dei salari reali. Ma difficilmente si riuscirà a recuperare le pesanti perdite di potere d’acquisto degli anni scorsi.