Il lavoro nell'industria, specialmente quella manifatturiera, è in caduta libera nelle economie avanzate. In molti paesi emergenti e in via di sviluppo, invece, i lavoratori si stanno spostando dall'agricoltura ai servizi bypassando il settore manifatturiero.
Il timore è che questi processi aumentino la disuguaglianza, riducano la crescita e mettano in difficoltà i lavoratori low-skilled. In effetti, il livello di disuguaglianza del reddito da lavoro nell'industria è più basso rispetto a quello osservato nei servizi in un campione di 20 economie avanzate.
Le caratteristiche dei paesi, tuttavia, sono più importanti delle dimensioni del settore industriale per spiegare la disuguaglianza aggregata. Quest’ultima, ad esempio in Danimarca, è pari a circa 1/3 di quella rilevata negli Stati Uniti sia nell'industria che nei servizi. E il fattore principale che ha guidato i cambiamenti nella disuguaglianza aggregata nelle economie avanzate a partire dagli anni '80 è stato l'aumento delle differenze salariali in tutti i settori, piuttosto che il declino dei posti di lavoro nell'industria.
Resta il fatto che le conseguenze negative della perdita di posti di lavoro nel settore manifatturiero possono essere considerevoli per i singoli lavoratori e le loro comunità. Per riuscire a fare in modo che i cambiamenti strutturali aumentino l’inclusione, anziché diminuirla, le politiche dovrebbero facilitare la riqualificazione dei lavoratori e ridurre i costi della loro riallocazione. Ciò significa che il declino dell’industria come fonte di occupazione potrebbe non nuocere alla crescita o aumentare la disuguaglianza ad una condizione: che siano applicate le politiche economiche adeguate.