La missione italiana dei giorni scorsi in Africa vale quasi sette miliardi di metri cubi di gas. Dal Congo potrebbero arrivare fino a cinque miliardi di metri cubi di gas in più. Un altro miliardo e mezzo di metri cubi dovrebbe arrivare dall’Angola. Non sono noti i tempi necessari per rendere operativo l’accordo.
Alle forniture previste negli accordi con Congo e Angola si aggiungono quelle recentemente concordate con l’Algeria (9 mld di metri cubi, di cui 3 da subito) e l’Egitto (3 mld di metri cubi). L’ultima tappa africana della corsa per emanciparsi dal gas russo (dalla Federazione arriva al momento il 40% del fabbisogno italiano di oro blu) sarà il Mozambico, dove la diplomazia italiana è attesa nel mese di maggio. Sia per l’Angola sia per il Congo, il metano arriverà sotto forma di gas naturale liquefatto (Gnl), motivo per cui il governo italiano si sta impegnando per potenziare la capacità di rigassificazione con due nuovi impianti offshore.
L’obiettivo a breve termine è quello di riempire gli stoccaggi con 12 miliardi di metri cubi di gas prima del prossimo inverno. Entro il 2023 si punta invece a rimpiazzare almeno la metà del gas naturale che oggi Roma compra dalla Federazione russa. E qui veniamo al punto: i conteggi fatti finora sono, per così dire, a bocce ferme. L’Italia in caso di blocco dell’export russo di gas ha infatti appena 10 settimane di autonomia prima di passare a distacchi programmati delle utenze. A dirlo con chiarezza al ‘Corriere della Sera’ è Stefano Besseghini, 55 anni, fisico di formazione e presidente dell’autorità per l’Energia (Arera).
Mario Draghi aveva detto: “Scorte fino all’autunno”, però Besseghini di fatto lo smentisce: “Bisognerà razionare, altro che condizionatori bassi”. Per la Commissione europea, il sistema dei pagamenti delle forniture in rubli viola le sanzioni. Ciò significa che si va verso uno stop del gas russo a maggio? “Questo è un po’ quello che tutti si aspettano, credo che in effetti potrebbe accadere in maggio. In questo caso il rischio di non riempire completamente gli stoccaggi potrebbe esserci”. È la conclusione realistica di Besseghini, secondo il quale in una condizione simile (di mix energertico) all’Italia c’è la Spagna: “I tedeschi fanno grande uso del carbone e anche del nucleare. Ma a me in questo momento preoccupa di più la Francia, perché ha diverse centrali nucleari in manutenzione. Il paese transalpino, che di solito esporta energia elettrica in Italia, in questo momento a volte addirittura importa da noi”. Paradossi apparenti.