Il governo mette in campo il nuovo Fondo strategico per il Made in Italy (che avrà una dotazione iniziale pubblica di 1 miliardo, cui dovrebbero sommarsi ulteriori 500 milioni da investitori privati) per sostenere la produzione nazionale di materie prime critiche.
“In Italia sono presenti 16 delle 34 materie prime critiche, ma in miniere chiuse da 30 anni; occorre quindi investire per riattivarle con le nuove tecnologie”, ha spiegato in audizione al Senato il ministro delle Imprese, Adolfo Urso.
L’Italia dispone di “miniere di cobalto, di nichel, rame e argento in Piemonte, di terre rare in Sardegna, di litio nel Lazio e possiede rifiuti minerari abbondanti per 70 milioni di metri cubi accumulati nei decenni passati e ora utilizzabili con le tecnologie attuali”, ha chiarito il ministro.
Alla base di tutto c’è un crescente fabbisogno di preziose materie critiche che l’Italia condivide con il resto d’Europa. Sul tema della riduzione della dipendenza negli approvvigionamenti dalla Cina e da altri Paesi extra-Ue – secondo Urso - “gli obiettivi dell’Ue sono molto ambiziosi”.
Il 16 marzo scorso la Commissione ha adottato un pacchetto di proposte relativo alle materie prime strategiche che prevede che almeno il 10 per cento di quanto sarà consumato al 2030 dovrà essere estratto in Europa e che nei prossimi sette anni l’Ue non dovrà più dipendere per oltre il 65 per cento da un unico Paese terzo.