Il disegno di legge delega al governo per la riforma fiscale è legge. Il testo, già approvato dal Senato, ha ricevuto il via libera della Camera con 184 voti favorevoli e 85 contrari. Tra questi ultimi non ci sono i voti del gruppo di Azione-Iv.
Il testo del Ddl fissa i principi generali intorno a cui la riforma si muoverà: ora il governo ha 2 anni di tempo per realizzare, attraverso i decreti attuativi, la riforma.
Le indicazioni più importanti arrivano sull’Irpef. Nella delega si ipotizza una transizione, in vari passaggi, verso l’aliquota unica. L’idea - che dovrà fare i conti con le risorse (questo è uno dei punti interrogativi della riforma visto che la flat tax, rispetto a una tassazione progressiva, produce meno gettito complessivamente come dimostrato largamente dalla letteratura scientifica) - è quella di ridurre per ora a tre le attuali quattro aliquote.
La progressività (altro punto delicato) – secondo il governo - sarebbe mantenuta attraverso le detrazioni che si focalizzerebbero su famiglia, casa, salute e istruzione.
Si era ipotizzata inizialmente la previsione di una flat tax incrementale anche per i lavoratori dipendenti. Ma si è poi deciso di prevedere uno sconto sui guadagni dovuti agli straordinari o ai premi di produttività, da applicare sulle tredicesime.
Per i lavoratori autonomi rimane la tassa piatta del 15 per cento e arriva la possibilità di aderire al concordato preventivo; il fisco fissa quanto devi pagare e se accetti per due anni non hai problemi su controlli per l’imposta sui redditi.
Quanto al capitolo Iva l’idea è quella di una revisione complessiva e di alleggerimento su alcuni beni primari. E c’è il superamento progressivo dell’Irap.
Nell’ambito dell’accertamento contributivo si escludono le sanzioni amministrative e si riducono i termini di decadenza per l’accertamento ai contribuenti con sistema di gestione del rischio fiscale certificato da professionisti qualificati.
E un regime di accertamento collaborativo, con i relativi effetti premiali, arriva anche per le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia o la mantengono all’estero ma possiedono in Italia un reddito complessivo mediamente pari o superiore a un milione di euro.