L’acquisizione della cittadinanza italiana è nuovamente al centro del dibattito politico, dopo l’apertura di Forza Italia (più volte ribadita) all’introduzione dello Ius scholae.
Un cambiamento, che legherebbe l’acquisizione della cittadinanza al compimento di un intero ciclo di studi (ovvero, secondo precedenti formulazioni discusse in Parlamento, chi ha frequentato regolarmente per almeno 5 anni uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione) riguarderebbe oltre 300mila dei 914.860 alunni che studiano in Italia e non hanno ancora compiuto 17 anni (i dati sono frutto di uno studio di Openpolis).
Questi ragazzi (11,2% degli studenti totali nel Paese) non hanno la cittadinanza italiana perché figli di genitori stranieri, visto che al momento ad essere è in vigore lo ius sanguinis.
I bambini e i ragazzi stranieri iscritti alle scuole di infanzia, elementari, medie e superiori vivono soprattutto nell’Italia settentrionale (29% rispetto al totale degli studenti), mentre i numeri scendono lievemente al Centro 13% e più sensibilmente al Sud (5%).
Sono circa 200 i Paesi di origine degli studenti con cittadinanza non italiana. La maggior parte (44%) è di origine europea. Seguono gli studenti di provenienza africana (27%) e asiatica (20%). Gli studenti di origine rumena, albanese e marocchina rappresentano oltre il 40% degli alunni con cittadinanza non italiana.
Infatti, dei bambini che sarebbero interessati da un’eventuale introduzione dello ius scholae, il 26% ha origini romene, il 10,1% albanesi, e il 9,6% cinesi. Poi il Marocco, appena fuori dal podio con il 9,1%. Sono percentuali che non riflettono solo la numerosità delle collettività in Italia per le singole nazionalità, ma anche il differente accesso da parte dei minori alla cittadinanza italiana attraverso i genitori.