Nell'olio extravergine di oliva biologico prodotto in Tunisia c'è un disgregatore endocrino. Il dato emerge da un'analisi campionaria realizzata dalla rivista francese "60 Millions de consommateurs".
In particolare è stata rilevata la presenza di ftalato, un plastificante chimico accusato di provocare la malformazione fetale e l’infertilità. Tuttavia, l’articolo non indica se la confezione sia stata eseguita in Tunisia o meno. I quattro brand incriminati, infatti, provengono dalla Tunisia ma sono venduti con marchi stranieri: Bio Planète, L'olivier Heureux, Crudolio e Marque Mark Bio Village E.Leclerc.
Ma il caso vuole che non esiste alcuna regolamentazione, né europea né globale, sulla quantità massima autorizzata di ftalato. Detto questo, non gli è parso vero al ministero dell’Agricoltura del paese nordafricano, anche sulla base dei consigli dispensati da un’associazione tedesca, che raccomanda una soglia di 1 mg/kg, poter sostenere di essere sotto i limiti: nei campioni analizzati il tasso non ha mai superato il livello di 0,7 mg/kg.
La denuncia francese colpisce un prodotto in rapida ascesa: l’olio di oliva tunisino è stato eletto prodotto dell’anno in Canada e ha vinto numerosi premi al concorso internazionale di Los Angeles. E i numeri confermano. Nella stagione 2016-2017 le esportazioni di olio biologico hanno raggiunto la quota di 28.400 tonnellate, in aumento del 6% rispetto all’anno precedente per un valore di 310 milioni di dinari (+28%). Nel 2018 la Tunisia potrebbe riuscire a vendere 180.000 tonnellate secondo il Consiglio oleicolo internazionale, posizionandosi al terzo posto tra Spagna e Italia. La produzione cresce a ritmi sostenuti, ma siamo sicuri che le autorità controllino tutte le fasi della certificazione biologica sia a monte che a valle?