JPMorgan Chase, Itaú Unibanco, Citibank, HSBC, Banco Santander, Bank of America, Banco Bradesco e Goldman Sachs. Queste otto banche hanno concesso 11 miliardi di dollari a sostegno di attività di sfruttamento di petrolio e gas nella foresta amazzonica. E ciò soltanto negli ultimi 15 anni, a partire dal 2009. Il che equivale al 55 per cento del totale di 20 mld complessivi che sono arrivati alle aziende fossili che operano nel più grande polmone verde della Terra.
A evidenziarlo è ‘Capitalizing on Collapse’, un’analisi curata dallo Stand.earth Research Group e rilanciata dalla rete Bank Track. Si tratta di sei banche con sede negli Stati Uniti (o che operano attraverso divisioni di loro proprietà sul territorio americano) e due in Brasile. A spiccare è JPMorgan Chase, che risulta in cima alla classifica, con il 10 per cento dei finanziamenti diretti (1,9 mld).
Queste banche - secondo il rapporto - non hanno neppure evitato quelle che vengono definite ‘bombe climatiche’. Ovvero progetti che potenzialmente possono comportare un impatto devastante in termini di aggravamento della crisi climatica. Uno di questi è il Parnaiba Gas Complex, che si stima possa causare la dispersione nell’atmosfera, lungo il suo intero ciclo di vita, pari a 2 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio.
Eppure - seguendo le linee guida dell’International Energy Agency - non dovrebbero più esserci nuove produzioni di petrolio e gas se vogliamo tentare di centrare l’obiettivo degli 1,5 gradi.