Su un possibile taglio dei tassi a settembre “siamo completamente aperti”. Così la presidente della Bce, Christine Lagarde, al termine della riunione del Consiglio direttivo (del 18 luglio) che ha deciso di lasciare invariato il tasso sui depositi al 3,75% e quello di riferimento al 4,25%.
“La decisione è stata unanime, e unanime è anche la determinazione ad essere dipendenti dai dati e decidere di riunione in riunione, senza vincolarci ad un percorso dei tassi”, ha detto Lagarde. Ripetendo come un mantra di essere legata ai dati, in realtà nasconde il fatto che la Bce sembra aver rinunciato da tempo a considerare le aspettative di inflazione che certamente è un lavoro più rischioso nel senso che si espone a continue revisioni ma consentirebbe, al tempo stesso, di mettere la Banca stessa in condizione di costruire una politica monetaria di medio-lungo periodo. E non di breve, come è ora.
Tuttavia, il nodo principale resta forse un altro. Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare “il ritorno tempestivo dell’inflazione al suo obiettivo del 2% a medio termine. Manterrà i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario a conseguire questo fine”. In verità, non tanto tempestivo visto che anche per il 2025, sempre secondo la Bce, il livello dei prezzi al consumo resterà sopra il fatidico 2%. Con tutti gli annessi e connessi sul piano della crescita economica, le cui aspettative per l’Eurozona sono già al ribasso. Per non parlare dell’Italia, il cui Pil è allo zero virgola.