Il debito pubblico italiano è una fonte costante di preoccupazione per l’Europa, ma rappresenta anche una fonte affidabile di alti rendimenti per gli investitori in titoli di Stato (domestici ed esteri). Ad evidenziarlo è il Financial Times. Intanto, in termini assoluti, il debito continua a salire: ora si attesta a 2.858,6 miliardi, secondo la Banca d’Italia, ed equivale al 144 per cento del Pil. Confrontando con la Germania, il debito pubblico è solo il 68 per cento del Pil. Nel frattempo, l’economia sta rallentando. Il Pil del secondo trimestre è diminuito dello 0,4 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. La Commissione europea ha ridotto le previsioni di crescita dell’Italia per il 2024. Una crescita più bassa significa meno soldi nelle casse pubbliche per coprire i costi del debito.
Inoltre, il governo progetta di concedere tagli fiscali. Ma con pochi soldi a disposizione, c’è il timore che l’Italia maturi un deficit superiore alle aspettative. Fatto che spaventa i mercati che, volenti o nolenti, hanno il pallino del gioco nelle mani e, soprattutto, non hanno dimenticato quanto accaduto qualche anno fa, quando le preoccupazioni riguardo al debito eccessivo dell’Italia avevano spinto lo spread (la distanza tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi) fino a 500 punti base durante la crisi del debito sovrano. Circostanza che decretò la rapida defenestrazione dell’ultimo governo Berlusconi. Al momento, viaggia intorno ai 180 punti base, il triplo di quello francese e superiore a quello spagnolo.
Ecco, è questo forse il timore maggiore per Giorgia Meloni, ben cosciente che, per finanziare l’ingente debito pubblico, l’Italia emetterà quest’anno ulteriori 300 miliardi di euro di nuovi titoli di Stato a medio e lungo termine. Fino ad ora, due elementi hanno tuttavia contribuito in questi anni a far restare a galla l’economia del Bel Paese: l’affidabilità dei titoli italiani (riconosciuta anche dal Ft) e il bassissimo rendimento degli ingenti risparmi degli italiani lasciati perlopiù in letargo sui conti correnti bancari. Fatto, quest’ultimo, che continua a spingere i risparmiatori verso i più remunerativi titoli di Stato. Il problema era e resta (anche per Meloni) la perenne esposizione verso i mercati finanziari internazionali. A loro del sovranismo non importa nulla, ma sono abili nell’accerchiare le loro predi, strangolarle e infine sbranarle.