La Blue Line, la linea di demarcazione che separa il Libano da Israele, si estende per oltre 120 chilometri e fu stabilita dalle Nazioni Unite nel 2000, mettendo insieme un contingente militare di quaranta nazioni (tra cui l’Italia).
Una linea che ora Israele, come ha fatto chiaramente capire negli ultimi giorni mettendo a segno più colpi, vuole eliminare.
La presenza di caschi blu in Libano ostacola la creazione di una nuova “fascia di sicurezza”, così come Israele punta a spingere i palestinesi in spazi sempre più ristretti.
Come a Gaza, il cinico Netanyahu non vuole occhi internazionali. E tutto questo in attesa della rappresaglia israeliana sull’Iran, in un contesto in cui Europa e Stati Uniti fanno finta di non vedere quanto sta avvenendo in Medio Oriente.
Nel frattempo, Israele continua a ricevere, soprattutto dagli Usa, decine di miliardi di aiuti militari.
Perché tutta questa incoerenza? Il punto è che l’Occidente è per vari motivi geopolitici ed economici legato ad Israele, oltre al fatto che quest’ultimo detiene una quota importante del mercato mondiale della cybersecurity.
In realtà, non è solo l’Occidente a chiudere un occhio. Non c’è nessuno stato arabo che nei fatti sostenga la causa palestinese o degli Hezbollah libanesi.
Le monarchie del Golfo, l’Arabia saudita, l’Egitto, e il Marocco si sono avvicinati a Israele. Lo stesso Erdogan, che lancia gravissime accuse contro lo Stato ebraico, non ha mai fermato le vendite di armi turche a Israele.
Il mondo resta, dunque, in attesa che il governo di Tel Aviv imponga il “nuovo ordine” mediorientale. Possibilmente senza l’Onu tra i piedi.