Nel 1795, il filosofo tedesco Immanuel Kant, scrisse una piccola monografia dal titolo “Per la pace perpetua”. In un periodo particolarmente turbolento della storia europea, il libro, a forma di trattato di pace, conobbe subito un grande successo. Si tratta di un testo utopico che non trova riscontro nella realtà che ha visto negli ultimi due decenni l’arretramento del processo di democratizzazione a livello mondiale accompagnato da un aumento delle guerre.
Quali sono dunque le possibilità che il futuro Stato palestinese o quello russo evolvano in maniera democratica? Spesso i dopoguerra sono accompagnati da un periodo di democratizzazione delle istituzioni, dato dalla necessità di giustificare lo sforzo bellico chiesto alla popolazione. Ad esempio, il suffragio universale fu introdotto per la prima volta dopo o durante il primo conflitto mondiale in Danimarca, Norvegia, Svezia, Austria, Germania, Paesi Bassi, e Finlandia; dopo la seconda guerra mondiale in Francia, Italia (1946) e Belgio.
Venendo ai nostri giorni, in un’ottica kantiana, se la Russia pagherà un prezzo sufficientemente alto per la sua avventura in Ucraina, è possibile che le oligarchie del paese siano costrette a cedere una parte del potere per mantenere il consenso sociale. In quanto ai palestinesi, da un lato a questo punto potrebbero volere liberarsi dal giogo di Hamas, nella speranza che dall’altro lato anche il comportamento di Israele cambi in modo radicale.
Un ultimo aspetto dell’analisi di Kant merita di essere riconsiderato con attenzione. Per frenare le guerre fra gli Stati era necessario, secondo il filosofo tedesco, creare un organismo internazionale (“una Federazione di Stati”) capace di regolarne i rapporti. Così la Società delle Nazioni prima e l’Onu poi nascevano con questo obiettivo. Oggi, tuttavia, le Nazioni Unite (il più grande esperimento compiuto da sempre a livello globale) paiono in difficoltà, quando invece il mondo avrebbe bisogno di un organismo internazionale credibile e forte per garantire la pace. Utopia, forse, ma in fondo – come disse Oscar Wilde - “il progresso non è che la progressiva realizzazione delle utopie”.