Proponiamo i passaggi principali di una ficcante analisi dell’economista Ugo Arrigo pubblicata su lavoce.info.
Il trasporto aereo è ancora distante dai livelli dell’estate 2019, ma i voli effettuati in questo periodo sono più numerosi di oltre la metà rispetto allo scorso anno. Ma il recupero in Spagna, Francia e Grecia è stato superiore a quello registrato in Italia. Pesa sul dato del nostro paese la debolezza di Alitalia, la cui quota di mercato, calcolata sui voli, è scesa dal 13,1% di inizio agosto 2019 all’11,6% di un anno fa e all’8,7% di oggi. In base alle dimensioni annunciate di Ita, il valore è destinato a ridursi sino a circa il 6%, lasciando spazi ulteriori ai vettori low cost già presenti sul mercato italiano.
Anche negli altri paesi bisogna attendersi un peso maggiore delle compagnie low cost, come si può desumere dalle tendenze già in atto. Il mercato nei diversi paesi europei sta dunque già cambiando composizione e quando sarà tornato ai livelli pre-Covid molti suoi attori non vi avranno conservato il peso che vi detenevano in precedenza. Come sarà a quel punto il mercato italiano?
Nel 2019 Alitalia ha trasportato il 37% dei passeggeri totali sui voli domestici, mentre i vettori low cost il 57% (Ryanair 35%, Easyjet 11%, Volotea 8%). Quasi un 5% ulteriore era coperto da Air Italy, che ha chiuso le attività all’inizio del 2020 e ha dunque lasciato libero questo spazio. Con l’arrivo di Ita è stimabile che la nuova compagnia potrà coprire solo il 17% rispetto al 37% che era già di Alitalia; il restante 20% sarà lasciato libero per i concorrenti. Se si somma a questa quota quella già detenuta da Air Italy vediamo che un quarto del mercato domestico risulta non coperto e dunque contendibile.
Appropriandosi degli spazi liberi, le compagnie low cost dovrebbero pertanto crescere dal 57% del 2019 a più dell’80% nel 2021. All’interno di questa quota Ryanair, che nel 2019 aveva oltre il 60% della parte low cost, dovrebbe raggiungere il 50% dell’intero segmento. Si può dunque sostenere che sarà Ryanair, e non Ita, a subentrare ad Alitalia sui voli nazionali.
Più complesso è il discorso sui voli intraeuropei. Su questo segmento, i low cost avevano nel 2019 circa i due terzi del mercato, con Ryanair al 28%, Easyjet al 15%, Vueling al 6% e Wizzair al 5%. Tra i vettori tradizionali, Alitalia non raggiungeva il 7%, mentre i tre grandi gruppi europei (Lufthansa, AF-Klm e Iag) detenevano complessivamente il 19% con le sole loro compagnie tradizionali e il 28% includendo i low cost da essi controllati (Vueling, Eurowings, Transavia). La presenza di Alitalia era dunque già allora irrilevante e non sembra subire cambiamenti degni di rilievo col dimezzamento che si prospetta con l’arrivo di Ita.
Resta infine da esaminare il lungo raggio intercontinentale. Anche in questo caso, Ita non appare in grado di svolgere un ruolo di rilievo, dato che partirebbe con soli sette aerei di lungo raggio rispetto ai 26 totali di cui disponevano i commissari prima della pandemia. Con questa flotta potrebbe dunque trasportare solo sei o settecentomila passeggeri all’anno, con una riduzione di oltre i due terzi rispetto alla vecchia Alitalia. Ma se i numeri sono questi – si chiede l’economista Ugo Arrigo - Ita a cosa serve?