Un grafico che ci racconta più di qualcosa. Il soggetto è il commercio estero, inteso come la somma di importazioni ed esportazioni di beni e servizi. E il suo peso rispetto al prodotto interno lordo.
L’indicatore utilizzato in questo caso evidenzia il ruolo del commercio estero nelle economie prese in considerazione: Brasile, Cina, Francia, Germania, Giappone, India, Italia, Regno Unito, Russia, e Stati Uniti.
La serie storica utilizzata è in qualche modo inappellabile: 53 osservazioni annuali consecutive (fonte: My Data Jungle). Ciò detto, vediamo cosa racconta l’evidenza empirica.
1. La prima economia al mondo è in assoluto l’ultima dal 2018. Ma anche nel periodo precedente, a partire dal 1970, gli Usa si sono classificati sempre nelle ultime tre posizioni. Per chi pensava che il luogo d’eccellenza del libero mercato (o almeno è quanto racconta da tempo la vulgata) potesse puntare in modo rilevante sul commercio internazionale, i dati smentiscono questa tesi.
2. Focalizzando l’attenzione su Francia, Germania e Italia emerge che (solo) dal 2000 la prima economia europea ha preso il volo: nel 1999 il peso del commercio estero per Berlino era pari al 53%; nel 2022 il dato è schizzato al 99,88%, ben più di Italia (75%) e Francia (73%).
3. La Cina, dopo il picco raggiunto nel 2006 (65%), mette in luce un trend in decrescita: nel 2023 il valore registrato è stato pari al 37%. A ciò si aggiunga che anche l’India sembra aver preso la stessa via: ovvero ridurre il peso del commercio estero rispetto al Pil.