Riesplode il conflitto del Nagorno Karabakh in un crescendo di violenza e tensione che rischia di allargarsi ben oltre le montagne della regione autonoma contesa e i confini di Armenia (sostenuta da Putin) e Azerbaigian (appoggiato da Erdogan), come ha già minacciato il premier di Erevan.
La guerra congelata dal 1994 si è riaccesa improvvisamente domenica scorsa quando l’esercito azero ha bombardato le postazioni delle forze indipendentiste armene che avevano attaccato e poi ha lanciato una controffensiva. Immediatamente i separatisti armeni hanno proclamato la legge marziale e la “mobilitazione generale”. A distanza di qualche ora Armenia e Azerbaigian hanno fatto lo stesso.
Quella attuale è la peggior crisi armeno-azera degli ultimi anni, comunque segnati da incidenti continui anche dopo l’accordo di cessate il fuoco del 1994 mediato da Mosca. Sono almeno 30 mila i morti lasciati sul campo dalla guerra combattuta dalle due ex Repubbliche sovietiche caucasiche negli anni ‘90 dopo che i separatisti armeni hanno preso il controllo della regione azera del Nagorno Karabakh nel 1991.
E che è restata di fatto in mano armena alimentando un conflitto esploso in maniera plateale dopo il crollo dell’Unione Sovietica, ma che affonda le radici molto più lontano, nel confronto tra cristiani armeni e musulmani azeri segnati da influenze turche e persiane.