La guerra in Ucraina sta facendo emergere l’impotenza del Consiglio di Sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Per deliberare su una questione non procedurale è infatti sufficiente che uno dei cinque membri permanenti (Cina, Francia, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti) manifesti un voto contrario perché l’atto non possa essere adottato.
È dagli anni ‘90 che la comunità internazionale si confronta con la questione della riforma del Consiglio di sicurezza, ossia da quando, da un lato, la dissoluzione del blocco dei Paesi socialisti e, dall’altro, l’emergere di nuove Potenze e di loro alleanze (ad esempio il gruppo BRICS) hanno reso palese in tutta la sua urgenza la necessità di ridisegnare, in seno al Consiglio, i rapporti di forza frutto della Conferenza di Yalta del 1945.
Questa urgenza è a tutt’oggi disattesa, posto che l’unico punto sul quale la più gran parte dei membri delle Nazioni Unite sia che l’esigenza di modificare la rappresentanza del Consiglio vada soddisfatta attraverso un ampliamento del numero degli Stati che formano l’organo a cui è attribuito il potere d’azione a tutela della pace e della sicurezza internazionale (dunque, non una sostituzione di alcuni Paesi ancora oggi presenti nel gruppo dei cinque; la posizione, in tal caso, di Francia e Regno Unito sarebbe stata a rischio).
Ma come tale ampliamento debba di fatto concretizzarsi è oggetto di dibattito che si interseca con la questione del potere di veto, da conferirsi o meno a eventuali nuovi componenti. Le ipotesi spaziano da quelle che propendono per l’attribuzione del diritto di veto a nuovi membri permanenti (i cosiddetti G4: Brasile, Germania, Giappone e India), a progetti incentrati su un aumento di membri non permanenti.
Di fatto, i diversi progetti di riforma si sono arenati nelle secche della riluttanza dei Paesi egemoni. In ogni caso la modifica della Carta delle Nazioni Unite, ossia la revisione degli articoli 23 e 27, che richiede il combinato disposto di due fattori: l’adozione con un voto di almeno 2/3 dei membri dell’Assemblea Generale (costituita da 129 Paesi) e la ratifica da parte di almeno 2/3 dei membri, compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.
Sono qui riportati alcuni passaggi di un articolo pubblicato su ispi.it e firmato da Agostina Latino.