La minaccia incombeva da mesi. E ora si è fatta più concreta, nonostante le recenti aperture di Donald Trump. Ma le attuali vicissitudini di General Motors – che ha annunciato nei giorni scorsi la chiusura di 5 stabilimenti solo in Nord America – hanno indotto il presidente degli Stati Uniti ad accelerare (per ora a parole) sull’introduzione di dazi sulle auto prodotte fuori dagli Usa.
Con nuove tariffe del 25% sulle vetture provenienti dall'estero "molte più auto sarebbero state costruite negli Stati Uniti e GM non chiuderebbe gli impianti in Ohio, Michigan e Maryland", ha cinguettato Trump. Il presidente Usa, poi, ricorda che le auto europee esportate negli Usa subiscono dazi del 2,5%, mentre quelle prodotte negli Stati Uniti e vendute nell’Ue sono soggette a una tariffa del 10%.
Alcuni analisti indicano anche un’altra possibilità: il cosiddetto contingente tariffario. Secondo questo piano, gli Stati Uniti imporrebbero l'attuale percentuale del 2,5 su una determinata quantità di importazioni e una tariffa più elevata sull'eccedenza.
In ogni caso il contraccolpo per l’Ue, che ha un’economia fondata sul settore metalmeccanico e in particolare sul comparto auto, sarebbe devastante. Come confermano i numeri: il valore annuo delle auto prodotte nell’Ue ed esportate nella prima economia al mondo raggiunge i 50 miliardi di dollari.
La dichiarazione di Trump avviene proprio quando il Fondo monetario internazionale, in vista del G20 argentino, fa presente che eventuali tariffe dell'amministrazione Trump sulle auto potrebbero portare a un taglio della crescita globale dell'0,75%. Un grido d'allarme sottolineato anche dalla direttrice, Christine Lagarde: le barriere commerciali sono "controproducenti per tutti”.