La politica di immigrazione australiana viene citata dai populisti e dagli xenofobi europei solo per il suo approccio più duro, che si basa sui respingimenti in mare di chi cerca di raggiungere il paese illegalmente. Ma, al momento, l’Australia ha un programma permanente di accoglienza alimentato da tre flussi: famiglia, competenze e umanità.
Il flusso migratorio basato sulle competenze – la cosiddetta immigrazione qualificata – è il più consistente. È integrato ad un programma che include studenti internazionali e migranti a tempo determinato, che in Australia possono intercettare le esigenze del mercato del lavoro con evidenti effetti positivi sulla crescita economica.
Questo tipo di immigrazione è stata la chiave per rendere l’Australia una società multiculturale di successo: lo sottolinea il rapporto 2018 del governo australiano “Shaping a Nation”. La migrazione permanente (di cui il 70% qualificata) è fissata a 190 mila persone all’anno e tra i 20 paesi di origine più rappresentati ce ne sono 11 asiatici capitanati da Cina e India. Una situazione, dunque, decisamente differente da quella dell’Australia “bianca” che in passato era mèta di migranti britannici, irlandesi ed altri europei.
Il rapporto rileva che le conseguenze fiscali della migrazione, in particolare di quella qualificata, generano entrate che superano significativamente il sostegno al reddito ricevuto attraverso il welfare.
La migrazione in Australia ha modellato il paese verso il multiculturalismo e la prosperità. Questa è la lezione da apprendere anche in Europa.