Gli economisti Dev Patel, dell’Università di Harvard, e Arvind Subramanian, della Brown University, sostengono che a partire dal 1995 la crescita dei paesi a basso e medio reddito è stata ogni cinque anni più alta dello 0,1% rispetto a quella dei paesi ricchi.
Gran parte di questo risultato è dovuto ai progressi della Cina, dell’India, dei paesi dell’est asiatico e di quelli dell’Europa orientale. In particolare, tra il 2004 e il 2014, i 58 paesi più poveri del mondo, dove vivono 1,4 miliardi di persone, sono cresciuti del 3,7% all’anno, contro l’1,4% dei paesi ricchi.
Poi tutto è cambiato: la pandemia di Covid-19 è stato un disastro per il mondo intero, ma soprattutto per i paesi in via di sviluppo; l’aumento dei tassi d’interesse per combattere l’inflazione ha fatto lievitare il costo dei debiti pubblici e ha ridotto il flusso di investimenti.
A tutto questo vanno aggiunti i danni prodotti dalla crisi climatica e dai vari conflitti in corso nel mondo, a cui vanno aggiunti i colpi di stato e gli scandali di corruzione. Le cose vanno particolarmente male in Africa, dove il reddito medio dei paesi subsahariani è di poco superiore a quello del 1970.