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Le misure protezionistiche annunciate dagli Stati Uniti rischiano di compromettere gli equilibri commerciali internazionali. Non tutti i paesi sono però esposti allo stesso modo: questo dipende dalla dipendenza dei diversi paesi dal commercio estero, cioè dal rapporto tra interscambio commerciale (somma di esportazioni e importazioni) e Prodotto interno lordo.
Stati come Messico, Germania, Canada e Italia presentano valori superiori al 60%, con i primi due che, in alcuni anni, hanno superato l’80%. Ciò riflette una forte integrazione nel commercio internazionale, e un rischio di un impatto significativo dai dazi, che rischiano di ridurre le loro vendite sul mercato statunitense penalizzando la loro economia.
Al contrario, gli Stati Uniti mostrano un valore di commercio/Pil stabilmente inferiore al 30%, dato che segnala una minore dipendenza dagli scambi esteri e una maggiore centralità della domanda e produzione interna. Questo spiega in parte perché politiche protezionistiche come quelle adottate da Trump, in teoria, possano essere perseguite con minori rischi economici rispetto ad altre economie.
Ma non significa che non ci saranno conseguenze, anzi: imprese e consumatori statunitensi si ritroveranno a pagare di più le importazioni e, allo stesso tempo, le imprese rischiano le ritorsioni commerciali da parte dei partner colpiti dai dazi. E questo potrebbe essere solo l’inizio.