Sulla stampa occidentale appaiono di frequente notizie di fughe delle imprese dal paese asiatico; ma in queste informazioni c’è spesso molta propaganda anti cinese. Indubbiamente si registra un periodo di “riflessione” da parte di diverse imprese, ma la base dell’impegno dei capitali occidentali appare ancora solida.
Si prenda ad esempio la tedesca Basf, la più grande impresa chimica del mondo. Il colosso, mentre sta ridimensionando in qualche modo la sua presenza produttiva in Germania per gli ormai insostenibili costi dell’energia, sta investendo 10 miliardi di dollari in un grande complesso in Cina, attirata dal più grande mercato al mondo nel settore.
Altrettanto indicativo appare il caso di Apple, citato spesso come sintomatico della fuga delle imprese dal paese asiatico. In realtà la società statunitense ha di recente messo a tacere le voci secondo le quali starebbe abbandonando la Cina a favore dell’India e questo con l’annuncio dell’apertura in Cina di un centro di ricerca e sviluppo (il quinto nel paese) con mille addetti, mentre più in generale sta cercando di rafforzare la sua presenza in Cina e questo nonostante forti critiche da parte di diversi politici statunitensi.
In sintesi, nonostante le crescenti difficoltà geopolitiche, molte imprese occidentali tentano ancora di inserirsi o anche di consolidare la loro presenza sul mercato cinese; i vantaggi appaiono evidenti, mentre d’altro canto si tratta spesso di un passaggio ineludibile.
Si tratta da una parte del più grande mercato del mondo in un numero crescente di settori, e presenta anche delle catene di fornitura spesso ineguagliabili nel rapporto qualità/prezzo/livello di servizio. Inoltre, con la crescente sofisticazione delle sue tecnologie, la seconda economia al mondo rappresenta uno stimolo a innovare e un punto di confronto necessario.
Ne risulta evidente un conflitto più o meno latente tra le imprese e la politica. Nella sostanza molte grandi aziende occidentali sono oggi intrappolate in una lotta geopolitica e si trovano tra due fuochi.
In tale quadro si attendono l’avvio della seconda presidenza Trump. Queste decisioni potrebbero rendere ancora più difficili i rapporti tra le imprese occidentali e il paese asiatico, che peraltro ha molti strumenti per reagire, mentre sembra configurarsi in maniera sempre più rilevante una sua integrazione con i paesi del Sud del mondo.