Il settore delle pensioni è in crisi e potrebbe innescare una fusione economica globale, ma questo aspetto nell’ultimo decennio è stato trascurato: la crisi finanziaria del 2007/2008 ha messo al centro dell’attenzione il settore bancario, mentre le questioni relative alle pensioni sono state accantonate e questo è stato un errore.
I fondi pensione britannici hanno ridotto la quota azionaria dei portafogli dal 61% nel 2006 al 29% nel 2017 e hanno aumentato la quota obbligazionaria dal 28% al 56% nello stesso periodo. Nelle principali economie del mondo le industrie previdenziali non navigano in buone acque: secondo un rapporto Citibank del 2016, le 20 economie (tra le 35) dell'Ocse più grandi hanno un deficit di 78mila miliardi di dollari nel finanziamento di obblighi pensionistici pubblici a prestazioni definita: vale a dire circa 1,8 volte il valore del debito nazionale collettivo di questi paesi.
In questa situazione, anche le pensioni private non se la passano meglio: quelle statunitensi hanno complessivamente solo l’82% dei fondi necessari per far fronte alle proprie passività, equivalente a un deficit di 3 trilioni di dollari. Nel Regno Unito il livello di finanziamento complessivo del settore pensionistico a marzo 2017 era solo del 67,7%, equivalente a un deficit di 736,2 miliardi di sterline.
Il settore delle pensioni è complesso e il fatto che sia sottofinanziato è un problema globale: perché è vincolato da obblighi a lunghissimo termine e interconnessi tra loro, ma esistono significative differenze tra i regimi normativi e politici dei diversi paesi. Molte aziende, per minimizzare i loro rischi, stanno vendendo i loro obblighi pensionistici alle compagnie assicurative ma questo sta di fatto peggiora le cose: più le sorti delle pensioni si legano al settore delle assicurazioni globale e più aumenta la possibilità di collasso a livello di sistema. Una regolamentazione globale del settore pensionistico appare sempre più necessaria.