Un 2023 di recessione per Italia e Germania. Crescita frenata per Eurozona, Stati Uniti e Cina. Le nuove previsioni del Fondo monetario internazionale fotografano il concretizzarsi dei rischi indicati dagli analisti: se per il 2022 la crescita globale resta confermata al 3,2%, quella stimata per il 2023 subisce un altro taglio, che la riduce al 2,7%. Si tratta del dato più basso dal 2001, fatta eccezione per le recessioni innescate dalla crisi finanziaria e dal Covid-19. Una situazione che ha spinto il capo-economista del Fondo Pierre-Olivier Gourinchas a scrivere: “Il peggio deve ancora arrivare”.
Per l’Italia, l’Fmi prevede una diminuzione del Pil dello 0,2% nel 2023. Per il 2022, invece, la crescita dovrebbe attestarsi al 3,2%. Si arresta la discesa del debito pubblico, che resta attorno al 147% nel 2022 e nel 2023, dal 151% del 2021, mentre il deficit è stimato al 5,4% quest’anno e al 3,9% nel 2023 (il Patto di stabilità ora congelato prevede il tetto massimo del 3%).
Non va bene neanche per la prima economia europea. La contrazione del Pil nel 2023 sarà per la Germania dello 0,3%, mentre nel 2022 salirà dell’1,5%.
Nell’Eurozona, la crescita economica è prevista al 3,1% nel 2022 e allo 0,5% nel 2023.
Il Pil negli Stati Uniti dovrebbe diminuire dal 5,7% nel 2021 all’1,6% nel 2022 e fermarsi all’1% nel 2023. Il reddito reale disponibile continua a scendere, frenando la domanda dei consumatori.
Anche nel Regno Unito si registra un rilevante passo indietro: la crescita, prevista al 3,6% nel 2022, si fermerà allo 0,3% nel 2023.
L’economia del Giappone, la terza al mondo, dovrebbe navigare in acque più tranquille, con crescita del Pil all’1,7% nel 2022 e all’1,6% nel 2023.
C’è poi la Cina: nel 2022, la crescita si ferma al 3,2%, la più bassa in più di quattro decenni (esclusa la crisi pandemica del 2020). Nel 2023, tuttavia, ci sarà un rimbalzo del 4,4%.
L’India si conferma la grande economia a più rapida crescita: nel 2022, il Pil salirà del 6,8%, seguito dal 6,1% atteso per l’anno successivo.
Continuano a migliorare le stime del Fondo per la Russia: nel 2022, la contrazione sarà del 3,4%, seguita da un ulteriore calo del 2,3% nel 2023. All’inizio dell’invasione si ipotizzavano crolli del Pil prossimi ai dieci-quindici punti percentuali. Ben più pesante appare la situazione dell’Ucraina, che quest’anno vedrà il Pil sprofondare del 35%.
Non c’è solo il Pil a preoccupare l’Fmi. Il pericolo più serio e imminente arriva – secondo l’Organizzazione con sede a Washington - dalla corsa dei prezzi al consumo. In questo caso, la raccomandazione è duplice: da un lato le Banche centrali devono continuare la stretta monetaria, dall’altro la politica fiscale non deve evitare di alimentare un’espansione della domanda che renderebbe più difficile la lotta all’inflazione.
L’Fmi avvisa che tra il rischio di stringere troppo (indebolendo più del dovuto le economie) e quello di stringere troppo poco, quest’ultimo è quello più grave, perché può innescare una spirale inflazionistica. L’inflazione dovrebbe raggiungere il picco verso la fine del 2022, ma resterà alta più a lungo del previsto, nonostante la frenata dell’economia globale.