Lula da Silva ha perso il ricorso. E dovrà ora scontare 12 anni in carcere per corruzione. L'ex presidente in carica dal 2003 al 2011 che doveva portare il Brasile tra le stelle, non solo del calcio, è invece finito nella polvere di scandali e vicende giudiziarie.
Il tramonto di Lula chiude un periodo difficile per l’economia brasiliana che sembrava fino a pochi anni fa nella possibilità di dominare il mondo con il gruppo Brics (appunto Brasile e Russia, India, Cina, SudAfrica). Adesso l’asse dell’economia globale si sta sempre più spostando dall’Atlantico verso il Pacifico, mettendo fuori gioco il paese latino che sembra aver a questo punto perso la propria chance.
Eppure un recente studio della Banca Mondiale ha rilevato che la disuguaglianza del reddito è fortemente diminuita in Brasile nel periodo 1993-2008. Il paese sudamericano noto per essere tra quelli più diseguali al mondo, a partire dagli anni ’90 ha visto una sensibile diminuzione del coefficiente di Gini, che è sceso di sette punti da 0.59 a 0,52. Negli Stati Uniti, ad esempio, è salito di otto punti tra il 1967 e il 2011.
La recente esperienza brasiliana dimostra che la crescita inclusiva non è una chimera. Aumento del Pil, riduzione della disuguaglianza e della povertà sono compatibili. Ma per il Brasile, ancora bloccato dai propri problemi strutturali, la strada da percorrere è ancora lunga, molto lunga. Mentre per Lula si è, definitivamente, interrotta.