La Russia sta lentamente uscendo dalla recessione. Il 2017 è stato il primo anno con quattro trimestri di crescita dall'inizio della crisi nel 2014. L'aumento dell’1,5% non può, tuttavia, considerarsi ragguardevole. E poi c’è l’inflazione che qui corre. Ad esempio, il prezzo del pane è aumentato dell’11% durante la crisi. I salari, al contrario, sono bassi. Un’insegnante di scuola elementare guadagna 18.000 rubli al mese (circa 250 euro), mentre la retribuzione media è pari a 550 euro.
L'economia russa è dicotomica: i salari sono modesti mentre il tasso di disoccupazione è al 5,5%. Il risultato è che sono circa cinque milioni i lavoratori russi che non guadagnano abbastanza per far fronte al costo della vita. I “sottoccupati” sono lì ad indicare quanto la capacità economica del paese sia utilizzata soltanto in parte. Per stimolare la crescita, o forse per motivi elettorali, Vladimir Putin ha pensato di aumentare il salario minimo a 134 euro. Ma il governo ha comunque ammesso che l’importo riconosciuto non corrisponde a quello che è considerato il minimo necessario per sopravvivere, circa 155 euro. La riforma è stata approvata rapidamente dal Parlamento russo in tempo per le elezioni di domenica 18 marzo, il cui esito appare scontato.