In Ucraina meridionale, il livello dell’acqua nella città di Nova Kakhovka, allagata il 6 giugno dalla distruzione della diga vicina, ha cominciato a diminuire. Lo sostiene l’amministrazione russa della città su Telegram.
Nel frattempo continuano senza sosta le evacuazioni nel sud dell’Ucraina, dove molte località lungo il Dnepr sono allagate. Decine di migliaia di civili sono minacciati dall’innalzamento delle acque su entrambi i lati del fiume; mentre sul fronte ambientale, il disastro rischia di privare di irrigazione il delta del Dnepr, una delle aree agricole più fertili del Paese. Secondo Kiev, i campi nel sud dell'Ucraina potrebbero trasformarsi in deserto l'anno prossimo.
“La situazione più difficile si sta verificando nel quartiere Korabelny della città di Kherson. Finora il livello dell’acqua è salito di 3,5 metri”, secondo quanto dichiarato dal vice capo di gabinetto della presidenza ucraina, Oleksii Kouleba.
“Più di 40.000 persone rischiano di trovarsi in aree allagate. Le autorità ucraine ne stanno evacuando oltre 17mila, ma purtroppo oltre 25mila civili si trovano nel territorio sotto il controllo russo”, ha aggiunto il procuratore generale ucraino Andrii Kostin.
Una situazione così grave da spingere il presidente ucraino, Volodymyr Zelenski, a definire la distruzione della diga “un ecocidio” e “una bomba di massiccia distruzione ambientale”.
Tra l’altro, la distruzione della centrale idroelettrica ha causato lo sversamento nel fiume di almeno 150 tonnellate di olio idraulico; e secondo le autorità ucraine, la sostanza inquinante procede “a grande velocità” attraverso il corso del fiume verso il Mar Nero.
Oltre al piano umanitario ed ecologico, c’è poi quello economico: la distruzione della diga di Nova Kakhovka renderà ancora più difficile l’export del grano verso i Paesi africani, anche perché diversi porti come quelli di Mikolayiv e Kherson sono completamente fuori uso.