La Striscia di Gaza “deve essere più piccola entro la fine della guerra”. È quanto ha dichiarato il ministro israeliano Gideon Sa’ar in un’intervista a Channel 12 News, rilanciata dalla testata Haaretz.
Secondo lo stesso Sa’ar, “ci dovrebbe essere un’area classificata come zona di sicurezza dove chiunque entri viene intercettato. Dobbiamo rendere chiaro a tutti coloro che ci circondano il fine della nostra campagna. Chiunque inizi una guerra contro Israele deve perdere il territorio”.
L’obiettivo israeliano appare difficilmente realizzabile (salvo costi umani elevatissimi), visto che già prima delle operazioni militari, la Striscia evidenziava un densità abitativa molto significativa. Costringere in un’area ancora più piccola circa due milioni di persone non potrebbe far altro trasformarla in una pentola a pressione (pronta ad esplodere), peraltro aumentando e forse non riducendo i rischi per Israele.
Intanto anche la Cina dice la sua. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha avuto un colloquio telefonico con l’omologo saudita Faisal bin Farhan Al Saud sulla crisi in Medio Oriente, rilevando che le azioni di Israele “sono andate oltre l’ambito dell’autodifesa”. Mentre Tel Aviv “dovrebbe ascoltare seriamente gli appelli della comunità internazionale e del Segretario generale dell’Onu sullo stop alle punizioni collettive del popolo di Gaza”.