Per la prima volta da quando è scoppiata la guerra di Gaza il presidente statunitense Joe Biden ha criticato in pubblico il primo ministro Netanyahu e ha detto che il mondo comincia a voltare le spalle a Israele “per i bombardamenti indiscriminati” nella Striscia. E ha anche aggiunto che “Bibi è davanti a scelte dure” perché dovrebbe cambiare alcuni ministri del suo governo, riferimento chiaro agli elementi dell’estrema destra che non vogliono la soluzione a due Stati: Israele e uno Stato palestinese.
Il 12 dicembre l’esercito israeliano ha intanto intensificato la sua offensiva contro Hamas nella Striscia di Gaza, dove la popolazione sta vivendo “un inferno sulla Terra”, secondo Philippe Lazzarini, direttore dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, cercando di sfuggire alle bombe in condizioni umanitarie sempre più disperate.
I combattimenti infuriano intorno a Khan Yunis, nel sud della Striscia, dove centinaia di migliaia di civili si erano rifugiati per sfuggire all’offensiva israeliana nel nord. Costretti a fuggire di nuovo, stanno raggiungendo campi improvvisati nella vicina città di Rafah, al confine con l’Egitto, dove il cibo scarseggia nonostante la distribuzione di aiuti umanitari.
Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di 18.412 persone. L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha invece causato circa 1.200 vittime in Israele. Dall’inizio del conflitto 1,9 milioni di abitanti della Striscia di Gaza, cioè l’85 per cento della popolazione totale, sono stati costretti a lasciare le loro case. Più di metà delle abitazioni sono state distrutte o danneggiate.