Il nuovo Patto di stabilità ipoteca oltre 10 miliardi di correzione annuale dei conti pubblici italiani. A una settimana dall’accordo franco-tedesco, poi ratificato da tutto l’Ecofin, nessuno è in grado di dire con certezza ad oggi quanto costerà ai vari paesi.
A chi stima la correzione di bilancio annua in soli 6 miliardi rispetto ai 10 delle vecchie regole, Gentiloni ha risposto così: “La norma non contiene cifre, ma certo c’è una chiara flessibilità per tenere conto, dal 2025 al 2027, dell’aumento di spesa per interessi, al fine di salvaguardare investimenti in difesa, per il digitale e per l’ambiente”.
In realtà, ci sono due vincoli molto precisi che avranno conseguenze negative, specialmente per l’Italia. Il primo sul debito: il piano di aggiustamento deve essere congegnato in modo tale che, anche allungando il periodo da quattro a sette anni, il rapporto debito su Pil debba comunque ridursi di almeno un punto su Pil all’anno in media. Il secondo vincolo è sul disavanzo. Non è più sufficiente garantire che il deficit su Pil rimanga sotto la soglia del 3 per cento (così come previsto dalle regole di Maastricht): alla fine del percorso di aggiustamento il disavanzo deve scendere sotto l’1,5 per cento del Pil.
Secondo il think tank Bruegel, si tratta di un aggiustamento che per l’Italia potrebbe essere pari a 12-13 miliardi per sette anni. L’Italia poi sarebbe il paese europeo con un aggiustamento annuale medio più alto in Europa dopo il Belgio (0,71) che però dovrà tenere un avanzo primario (che si ottiene sottraendo alla spesa pubblica le entrate tributarie ed extra-tributarie e la parte di spesa pubblica finanziata con emissione di base monetaria) molto più basso.
Occorre, inoltre, considerare che la prossima legge di Bilancio parte già con un fardello di almeno 23 miliardi. Oltre ai 12-13 della correzione imposta dal nuovo Patto, vanno aggiunti gli almeno 10 del taglio del cuneo sul costo del lavoro, che anche quest’anno non è stato reso strutturale dal governo.