Era nella black list a inizio maggio, l’Alto rappresentante Josep Borrell aveva iscritto il patriarca Kirill nella lista delle sanzioni europee perché considerato un sostenitore dell’invasione russa. Ma il patriarca di Mosca su quella lista (è la sesta dallo scorso 24 febbraio), alla fine, non c'è, grazie allo zampino di Viktor Orbán.
Il premier ungherese aveva infatti posto come condizione per il suo assenso alle sanzioni il ritiro del patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill dalla nuova lista di personalità sotto misure restrittive. E così 26 governi degli Stati dell’Unione hanno deciso di cancellare il nome di Kirill dalla lista, aprendo la strada all’approvazione definitiva del sesto pacchetto di sanzioni.
Gli ambasciatori dell’Ue si erano incontrati mercoledì pomeriggio (primo giugno) per esaminare il testo legale del pacchetto di sanzioni che include il divieto di importazione del petrolio russo. L’accordo di massima comprendeva un’importante concessione all’Ungheria, con un’esenzione temporanea per il greggio fornito da un oleodotto. Solo questa deroga ha sbloccato il pacchetto di sanzioni che era fermo da un mese.
Per convincere l’Ungheria, paese senza sbocco sul mare, l’Ue ha deciso di limitare il divieto al petrolio russo che arriva sulle navi cisterna, esentando temporaneamente il carburante che arriva attraverso gli oleodotti. Orban consegue così una doppia vittoria.
Il testo finale delle sanzioni contiene inoltre concessioni alla Bulgaria e alla Croazia: un periodo di tempo aggiuntivo per liberarsi dal petrolio russo.
