Dopo il successo del Rassemblement National al primo turno delle elezioni legislative francesi, il Nuovo fronte popolare e la coalizione presidenziale hanno dato vita a più di 200 désistements al ballottaggio del 7 luglio. Si tratta di accordi di “desistenza”, in cui il candidato arrivato terzo al primo turno ha ritirato la propria candidatura al ballottaggio, per permettere al secondo candidato di superare il candidato di Rn. Sulla base dei risultati del secondo turno, la strategia sembra aver funzionato: i candidati di Rn non sono riusciti a vincere nell’80 per cento dei collegi elettorali interessati dai “ritiri” (173 su 215).
Uno scenario simile sarebbe possibile alle elezioni politiche in Italia? Da un punto di vista tecnico la risposta è negativa, in quanto la legge elettorale attuale non permette il voto disgiunto (legge 351/1957 art. 31). Se anche il M5s (o qualsiasi altra lista) non avesse presentato un suo candidato in un collegio uninominale, un ipotetico elettore pentastellato non avrebbe potuto scegliere un candidato del Pd senza dare automaticamente il suo voto al Pd anche nel collegio plurinominale. Ciononostante, da un punto di vista analitico, la domanda rimane interessante: se i partiti oggi all’opposizione avessero siglato patti di desistenza alle politiche del 2022 (e il voto disgiunto fosse stato possibile), i risultati delle ultime elezioni sarebbero stati materialmente diversi?
È una domanda caratterizzata da molte incertezze: non sappiamo quanti elettori della coalizione di centrosinistra avrebbero votato i candidati del M5s, in assenza di un candidato del “loro” partito e viceversa. Non sappiamo se il fatto stesso di aver stipulato un patto di desistenza con un alleato meno gradito avrebbe portato alcuni elettori ad astenersi o a votare il centrodestra. Così come non sappiamo se alcuni astenuti avrebbero scelto di recarsi alle urne per votare il centrodestra (o uno dei partiti oggi all’opposizione), se il risultato fosse stato meno scontato.
Ciò detto, e benché sia impossibile stringere patti di desistenza con la legge elettorale attuale, è possibile che una strategia simile a quella realizzata in Francia avrebbe generato risultati materialmente diversi alle elezioni politiche del 2022, soprattutto al Senato. Infatti, si sarebbe potuto avere in Italia un esito simile al caso francese solo se i principali partiti di opposizione fossero stati in grado di (i) prevedere con relativa precisione chi sarebbe arrivato secondo in ciascun collegio e concordare le desistenze di conseguenza; (ii) convincere la totalità dei propri elettori a votare il proprio candidato nonostante i patti di desistenza con un alleato meno gradito; (iii) dirottare una buona parte (almeno due terzi alla Camera) dei voti dei propri elettori sui candidati degli altri partiti coinvolti; e (iv) sperare che la presenza stessa di questi patti non avrebbe convinto alcuni astenuti a votare centrodestra.