La Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso il primo luglio di concedere una parziale immunità presidenziale a Trump nel processo che lo vede imputato per l’aggressione al Parlamento di Washington da parte dei suoi sostenitori, dopo la sconfitta subita dal tycoon da parte di Joe Biden alle elezioni presidenziali di fine 2022.
L’immunità riconosciuta è parziale, perché vale ed è assoluta, solo per gli atti ufficiali, ossia le azioni fatte in base ai poteri costituzionali attribuiti al presidente. Per i giudici della Corte Suprema, Trump non può godere di alcuna immunità per le azioni compiute come cittadino, candidato, leader della destra repubblicana, o comunque compiute al di fuori dell’esercizio delle prerogative presidenziali.
Pertanto, la decisione della Corte Suprema (votata da sei giudici, la metà dei quali nominati dallo stesso Trump, mentre i tre giudici liberali si sono espressi contro l’immunità, anche se parziale) consentirà al processo di proseguire, ma saranno inevitabili ulteriori rallentamenti.
Il caso torna ora nelle mani della giudice Tanya Chutkan, che dovrà decidere se una parte delle accuse deve essere archiviata sulla base della distinzione dei nove giudici supremi tra azioni decise nei poteri costituzionali del presidente e azioni intraprese nella sua capacità privata. Tutto ciò potrebbe comportare un ulteriore slittamento dei tempi del dibattimento, molto probabilmente oltre l’election day del 5 novembre prossimo.