I computer e i server consumano energia e producono calore: le Ict - Information and communication technology - a livello globale sono responsabili del 2% delle emissioni di CO2, le stesse dell’aviazione mondiale. Per questo si sta facendo strada l’idea di progettare siti più essenziali con un minore impatto ambientale.
L’inquinamento derivante dalla tecnologia informatica è nascosto, ma c'è: le aziende stanno ragionando su come affrontarlo utilizzando una nuova disciplina, la Green It. In effetti, la fabbricazione di computer e smartphone è molto impattante: la produzione di un singolo chip da 2 grammi richiede 1,6 kg di petrolio, 32 litri di acqua e 700 grammi di gas. Anche i dati inquinano: sia per il loro hosting, sia per la consultazione consumano energia e causano emissioni di gas serra.
Il primo sito “eco-design” in Europa, quello di una banca cantonale di Friburgo, risale al 2011: da allora il concetto si è espanso e la ong Greenpeace periodicamente attraverso la sua iniziativa ClickClean valuta gli aspetti positivi e negativi di multinazionali tech come Apple, Google e Amazon. Anche la Commissione europea ha pubblicato un “codice di condotta”.
Il miglioramento delle prestazioni energetiche consente a un’azienda di risparmiare energia e l’eco-design di un sito web lo renderà meno energivoro, oltreché più redditizio. Questo avviene perché i motori di ricerca, con Google in testa, valorizzano i siti che caricano più velocemente le loro pagine di risultati. E ciò rappresenta il miglior incentivo per sviluppare software a basso impatto ambientale.