Dopo due settimane di negoziati, i governi riuniti alla ventottesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (la Cop28 di Dubai) hanno approvato il primo Global stocktake. Ovvero il documento che ogni cinque anni fa il punto su ciò che è stato fatto per rispettare l’Accordo di Parigi, e indica cosa occorre fare in futuro per allinearsi ad esso.
Per giorni ci si è scontrati su due possibilità: phase out (uscita) o phase down (diminuzione), rispetto alle fonti fossili; poi i rappresentanti delle circa duecento nazioni presenti alla Cop28 hanno trovato una nuova espressione di compromesso sintetizzata in due parole: “transition away”. Un processo di transizione, dunque, che dovrà portare il mondo ad abbandonare gradualmente carbone, petrolio e gas. Si tratta della prima volta, in ogni caso, che le fonti fossili vengono menzionate apertamente in un documento dell’UNFCCC.
La scelta di utilizzare la parola “transizione” si presta a varie interpretazioni. Certamente non impone un “addio”, ma appare probabilmente qualcosa in più di una “diminuzione”.
Il “cuore” del Global stocktake è rappresentato dall’articolo 28: al punto A conferma l’indicazione di “triplicare la potenza installata di energie rinnovabili e raddoppiare il ritmo di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030”.
Il punto B riguarda la fonte fossile più sporca, ma si limita a prevedere la volontà di “accelerare la diminuzione dal carbone unabated”, ovvero quello privo di sistemi di cattura della CO2.
Il punto D è quello sul quale si è trovata la “quadra” grazie alla scelta della locuzione “transizione“. Un “processo di transizione dalle fonti fossili nei nostri sistemi energetici, accelerando in questa decade cruciale, in modo giusto, ordinato ed equo, al fine di raggiungere l’azzeramento delle emissioni entro il 2050 e in linea con la scienza”.
Il punto E presenta un elenco di tecnologie che si ritiene necessario utilizzare per effettuare la transizione stessa. Tra queste, figura il nucleare. Assieme all’idrogeno e ai sistemi di carbon capture and storage, ovvero gli impianti di cattura e stoccaggio della CO2. Ma si tratta di tecnologie agli albori e costose.
Confermato, al punto F, l’impegno in ordine alla diminuzione delle emissioni di metano, gas ad effetto serra che permangono meno tempo nell’atmosfera, ma che presentano un potere climalterante maggiore rispetto alla CO2.
Infine, un avanzamento è stato effettuato al punto H. Si tratta dell’unico phase out ad essere stato incluso nel testo, in riferimento alla necessità di eliminare i sussidi “inefficaci” alle fonti fossili (si tratta di quei sussidi che non consentono di affrontare il problema della povertà energetica o della transizione giusta).
Si tratta dunque di un buon testo o di un accordo deludente? Per comprenderlo occorrerà attendere la prova dei fatti. Tutto dipenderà infatti dal modo in cui saranno interpretati alcuni passaggi del Global stocktake. Ma un fatto è certo: sui finanziamenti necessari tanto all’adattamento quanto alla transizione energetica non c’è ancora chiarezza.