Che cosa c’entra un’auto elettrica con una cena a base di pollo rosolato e birra fresca? C’entra molto. È un’interconnessione attualmente poco intuitiva, ma a breve sarà più che normale.
Per ora sta diventando realtà in Giappone, dove stanno nascendo centri di ristorazione i cui frigoriferi, girarrosto e frullatori sono alimentati da moduli recuperati da automobili elettriche ormai pensionate. Si tratta di uno dei mille modi di prolungamento di vita delle batterie dei veicoli elettrici o ibridi le quali, una volta smontate, perchè non più in grado di far muovere adeguatamente quella vettura o quel bus, hanno però ancora tra il 50 e il 70% di capacità elettrica.
Dare un’ultra-vita alle voluminose batterie delle macchine ad emissione zero o ibride è un obiettivo grande almeno quanto quello di dotare tutta l’umanità di quel tipo di veicoli. Anzi, quest’ultimo obiettivo è molto più alla portata: secondo un’elaborazione di Bloomberg, nel 2040 ci saranno sul pianeta 559 milioni di elettro-vetture, un terzo di tutto il parco circolante e la metà delle vendite annuali. Questo è un dato certo, milione più, milione meno. Ciò che è più incerto è la gestione di questa immane massa di accumulatori, una volta che il mezzo di trasporto cui danno il movimento si fermerà definitivamente.
Ora c’è da occuparsi di numeri molto più esigui ma già considerevoli, 3,4 milioni di batterie auto agli ioni di litio fino al 2025. Smaltire, appunto, è una parola già fuori moda. Non solo perché Europa e Cina (il maggior utilizzatore di queste batterie) stanno imponendo alle case automobilistiche di gestire anche il fine-vita di questi pezzi, ma anche perché nessuna di queste componenti di auto finirà in discarica, per motivi puramente economici. Per tutte ci sarà una seconda vita. E, non ci si sorprenda, anche una terza vita.
Queste particolari batterie, infatti una volta smontate dal veicolo, possono diventare degli ottimi centri di stoccaggio di energia. Sempre in Giappone, a parte i ristoranti di una nuova catena nazionale, a Namie alimentano i lampioni stradali. A Goteborg, in Svezia, e a Londra sono allocate nelle cantine di alcuni edifici: accumulano l’elettricità dai pannelli fotovoltaici sistemati sul tetto, fanno funzionare ascensori e luci del condominio, oltre a dare corrente ai singoli appartamenti. Ma non è finita. Una volta esaurito anche questo secondo ciclo, possono dare ancora vantaggio: essere riutilizzate ancora per mansioni a più basso consumo oppure lavorate: se ne estraggono le materie prime utili per nuove batterie. Un ciclo quasi infinito. Tanto che il business esplode: di qui a 30 anni varrà 550 miliardi di dollari.
Articolo pubblicato in precedenza su La Stampa - Tuttogreen