Un’azienda italiana su dieci a rischio fallimento nel caso in cui l’emergenza Coronavirus non si arrestasse entro il 2020 e con misure che di fatto fermano l’economia delle aree più produttive del paese. A farne maggiormente le spese sono tre settori chiave: il manifatturiero tessile, i trasporti e il turismo. È l’allarme lanciato dallo studio “Impact of the Coronavirus on the Italian non-financial corporates” di Cerved Rating Agency, agenzia di rating del Gruppo Cerved che attribuisce il merito creditizio alle imprese sul territorio nazionale. Le conseguenze del contagio sono già evidenti: rallentamenti nella produzione, chiusure temporanee forzate, diminuzione dei margini.
In una prospettiva macroeconomica domestica e internazionale già caratterizzata da un rallentamento generalizzato della crescita, gli effetti del virus sulla produzione cinese hanno comportato nelle scorse settimane una netta frenata del comparto manifatturiero, con conseguenze a catena non trascurabili sullo stato di salute dei mercati mondiali. In particolare, nelle scorse settimane si è assistito alle tipiche manifestazioni di fenomeni di crisi, quali il calo del valore delle principali materie prime come petrolio, rame e gas naturale, congiuntamente a un aumento del valore dell’oro.
Cerved Rating Agency ha ipotizzato per i prossimi mesi due scenari: nel caso più favorevole, si prevede che la crisi sanitaria possa perdurare fino a metà anno, con un’eco non trascurabile sulla solidità finanziaria delle aziende, già investite dalla crisi; nel caso più sfavorevole, invece, si delinea l’ipotesi non poi così remota del dilagarsi della pandemia, con effetti globali duraturi e deleteri fino alla fine dell’anno.
In base alla gravità dello scenario, e stimando alle condizioni attuali una probabilità di default pari a 4.9% come valore medio, si sale, nell’ipotesi soft, al 6.8%, mentre nella prospettiva hard la probabilità di default media stimata nell’intervallo considerato arriva al 10.4%.