Delle circa 450 aziende italiane che svolgevano attività in Russia prima della guerra, la stragrande maggioranza è rimasta nella Federazione.
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Secondo un database dell’Università di Yale in costante aggiornamento, sono in tutto 1.028 le grandi società a livello mondiale che si sono ritirate o hanno interrotto ogni attività in Russia a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Quelle italiane rappresentano l’1,4%, una dozzina dunque. Delle circa 450 aziende nostrane che svolgevano attività in Russia prima della guerra, la stragrande maggioranza è rimasta, preferendo limitare o sospendere le proprie attività in attesa di tempi migliori. Un atteggiamento votato alla cautela ma che può avere conseguenze impreviste. Lo scenario meno roseo è quello che ha colpito Ariston lo scorso aprile, quando il Cremlino ha firmato un decreto per la nazionalizzazione dell’azienda, che suona di fatto come un esproprio, come già avvenuto ad altri colossi europei, fra cui la francese Danone e la danese Carlsberg.