L’Europarlamento ha approvato in via definitiva la nuova legislazione sui salari minimi adeguati con 505 voti favorevoli, 92 contrari e 44 astensioni. Il Consiglio dovrebbe approvare formalmente l’accordo a settembre, dopodiché il testo sarà legge.
Un passo che obbligherà i Paesi membri ad adottare entro due anni una legislazione atta a “garantire retribuzioni adeguate ed eque” attraverso un tetto legale o la contrattazione collettiva, purché questa copra almeno l’80% dei lavoratori (dipendenti).
Visto che quest’ultimo è il caso dell’Italia, il nostro Paese non è dunque tenuto a introdurre le norme. Proprio perché la direttiva dispone che non è necessario fissare per legge un minimo se la copertura dei contratti collettivi raggiunge l’80% dei lavoratori, l’opzione per Roma potrebbe essere quella di puntare sul rafforzamento e sull’estensione a tutti i lavoratori dei minimi già stabiliti per settore.
In 21 su 27 Paesi dell’Unione sono previste oggi retribuzioni minime nazionali di diverso importo. Secondo i dati Eurostat si va dai 332 euro della Bulgaria fino a un massimo di 2.257 euro in Lussemburgo. Il ‘minimum wage’ non supera la quota dei mille euro in 13 Paesi (Est, Baltici, Grecia, Portogallo) e resta fra mille e 1.500 in due Stati (Slovenia e Spagna).