Sempre più giovani keniani iniziano a imparare il cinese. A lungo percepito come difficile, questa lingua non fa più paura. Nel 2011 c’erano poche classi e pochissimi studenti nel Paese africano interessati ad imparare il mandarino. Oggi il Kenya ha una quarantina di scuole primarie e secondarie che lo insegnano.
La presenza cinese ha continuato a crescere nel Paese dall’inizio degli anni 2010. Nei campus delle principali università sono sorti quattro Istituti Confucio, centri culturali in cui si insegna il mandarino. Circa quattrocento aziende cinesi si sono stabilite in Kenya e i quartieri di Nairobi, come Kilimani, sono in parte modellati dalla presenza asiatica.
“La Cina continua a crescere d’importanza nel mondo degli affari”, nota Steve Wakoli, un insegnante che insegna il mandarino a quasi duecento studenti: “Molti genitori keniani fanno affari con la lingua cinese e dicono a se stessi che sarebbe una buona cosa che i loro figli imparassero mandarino per il loro futuro professionale”.
Così, mentre la presenza cinese continua a crescere nel Paese africano, sempre più giovani keniani frequentano corsi di cinese per poter lavorare nel turismo, nel commercio o nell’informatica.
Amos Aloo accompagna talvolta anche i turisti cinesi nei parchi nazionali. “Non parlano inglese molto bene o per niente, e Google Translate non fa tutto!”. Per questo tipo di lavoro chiede tra 14.000 e 19.000 scellini al giorno (tra 96 e 131 euro). Cifre importanti se si considera che tre quarti della popolazione keniana guadagna meno di 50mila scellini al mese.